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ALFREDO ENTITA' sui DELLA ROBBIA; La Natività di Militello e quella di Sansepolcro

 

 

ALFREDO ENTITA'

 

 

IL VOTO DI BARRESI

Lo stesso stile nella Natività di Militello e in quella di Sansepolcro.

 

    Tanti anni or sono, certi di essere nel vero, scrivemmo un articolo sulla «Natività» del Signore, di Andrea Della Robbia, unica per complessità (m.3,20 x 2,25 ) in tutto il Meridione d’Italia, sostenendo che la storia dell’arte sui Della Robbia, e di Andrea pel nostro caso, doveva passare per Militello se voleva fare opera di compiuto esame su tutta la creazione di Andrea, omettendo di accennare a Luca capostipite ed a Giovanni, ultimo dei tre più celebri, seguiti da discendenti di minore talento. L’articolo fu allora pubblicato dalla rivista dell’Assessorato della Pubblica Istruzione della Regione Siciliana «La giara» numero del giugno-luglio 1953, pp. 40-50, con quattro illustrazioni. Una delle illustrazioni era una natività di Giovanni Della Robbia, custodita al Museo del Bargello a Firenze, intesa ad evidenziare lo stile del modellato e l’intensità cromatica (sebbene in bianco e nero) di Giovanni rispetto ad Andrea suo padre (e non zio come riportano alcune fonti) assai più valido del figlio Giovanni, sia nel modellato che nella «tavolozza» invetriata e smaltata, più densa e iridescente rispetto alla policromia più tenue ma più luminosa di Andrea, fedele seguace in tutta la sua prima fase, del grande Luca capostipite. Ma occorre tenere presente che Giovanni vive ed opera, più che non Andrea, in pieno Rinascimento,  e che pertanto non poté sottrarsi all’evoluzione cromatica della pittura dei maggiori maestri del Cinquecento. Ciò abbiamo voluto dire perché, nell’esame di quanto esporremo, si è chiamato in causa Giovanni, di cui si vuole sia la Natività dei Sansepolcro.

    L’ancona, la Natività (altri Della Robbia sono ancora custoditi in duomo dove trovavasi prima anche la gemella di Militello) si giustifica nella medioevale Sansepolcro, per i frequenti contatti coi Della Robbia, del grande Piero, che allora, si suppone facesse la spola tra il suo Borgo nativo e l’«Atene d’Italia»Firenze, centro di incontri, contatti e lavoro, in seno in ispecie al casato dei Medici, che intorno a se riuniva e sosteneva tutta la cultura umanistica del centro Italia di allora, in concomitanza della Corte Papale, e principalmente pittori, scultori e architetti, che il sommo Iddio non lesinò a quel centro Italia.

    Sicché, fu allora facile dotare la sua Sansepolcro di rare opere dei Della Robbia, in cambio di proprie, oggi esistenti nella Firenze medicea, che di umanistica cultura e di opere della più eccelsa arte figurativa la illustrò e la arricchì allora come poche altre grandi città d’Italia. Michelangelo insegna per tutti.

    E la nostra? Si è tramandato e scritto che fu portata a Militello nei primissimi anni del Cinquecento, da un Barresi signore di Militello, andato a combattere in Fiandra, in favore del signore di quella terra, e che trovatosi in imminente pericolo di vita nell’infuriare della battaglia, fece voto alla Madonna Santissima della Stella di Militello, di donarla di un’opera insigne, se gli fosse stata risparmiata la vita. Invocazione esaudita- stando a quanto si tramanda per iscritto e oralmente- e promessa mantenuta dal principe di Militello Barresi che, transitando per Firenze di ritorno a Militello, acquistò l’opera eccelsa facendola portare con sé e disponendone la collocazione, in un altare della oggi quasi interamente distrutta chiesa santuariodei Barresi, certo centro di culto, chiesa santuario di primo impianto quattrocentesco, nonostante la data 1506 scolpita nell’intradosso dell’ingresso principale costituito da un singolare, per tutta la Sicilia, protiro scultoreo e che per tutta la cittadina fu stravolta e distrutta, risparmiando un’ala (la navata minore di sinistra) dove trovavasi la pregevole Natività, trasferita dopo il terremoto del 1693, che Militello distrusse ab imo obbligando allora i pochi sopravvissuti a spostare la costruzione della nuova cittadina più a monte, dove fu costruita la  chiesa di Maria Santissima della Stella oggi detta la  «Nova», trasferendosi, dicevamo, tra altre opere risparmiate dal sisma ed esistenti in quel ricco santuario, la Natività Robbiana, oggi in un altare di destra, entrando nella nuova chiesa.

    Va ora detto che, tra le due Natività, dalla splendida ed inalterabile invetriatrura cromatica a smalti, luminose ed abbaglianti nel suo nitido splendore, segreto tecnico tramandato solo da padre in figlio (Andrea, nipote del capostipite Luca, fu adottato come figlio), opere per noi certissime di Andrea, osservando assai attentamente, è possibile evidenziare qualche libertà compositiva tra le due, una originale e l’altra replica, libertà che solo lo stesso artista poté consentirsi e mai un copista anche prestigioso, come quella del cane pastore in primo piano, che nella «strumentazione» di Militello incede di fra gli arti inferiori  dell’uomo, mentre nel gemello esemplare di Sansepolcro, incede dall’esterno dell’arto inferiore sinistro. Così fra gli Angeli che sovrastano la capanna e il gruppo dell’Angelo e Cherubini, che la capanna fronteggiano nella parte cuspidata del soffitto e nel sacro Infante di Militello, col braccino destro alzato e la manina atteggiata in segno di benedizione, nell’albero tanto tozzo in quella di Sansepolcro, forse per l’intervento di un aiuto, e ancora, lievi irrilevanti particolari che, osservando e analizzando attentamente l’insieme delle orchestrazioni compositive delle figure tutte ineccepibili della mano di Andrea nell’una e nell’altra opera, specie per i delicati e veritieri profili della Vergine e di San Giuseppe inginocchiati dinanzi al sacro Bambinello, il tutto proiettato in primo piano, ripetiamo che crediamo siano pochi in grado di rilevare, tanta è la plastica strumentazione della centrale composizione tutta, felicissimo modellato di Andrea.

 

Alfredo Entità

 

Pubblicato sul Giornale “ La Sicilia “ il 16 Marzo 1992