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VINCENZO NUCCI - TESTO DI ANDREA GUASTELLA

 

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Vincenzo Nucci: uno dei pochi in Italia a portare avanti una sapiente pittura di paesaggio che solo a un osservatore in malafede o a uno sprovveduto sembrerebbe ancorata al passato. La tecnica è infatti lo scoglio su cui da tempo immemorabile si infrange la mediocrità e il rinunciarvi, così alla moda in questi anni, è solo un segno di stoltezza. L’artista non solo non vi rinuncia ma, come hanno potuto constatare i visitatori della sua ultima mostra antologica, tenutasi a Sciacca presso l’ex Convento di San Francesco dal 4 al 30 ottobre 2008 (Catalogo Sellerio, con uno scritto di Philippe Daverio), la padroneggia al punto da far perdere di vista la fatica necessaria ad acquistarla. Si guardino, ad esempio, le sue splendide palme, la cui fattura è una vera e propria sfida, paragonabile alla prospettiva dei marzocchi nei disegni di Paolo Uccello. Non solo infatti la palma unisce una geometria modulare impressionante – se ne sarà ricordato lo stesso Brancusi per la sua Colonna infinita – a una zona sovrastante libera, fiorente e rigogliosa; in essa il contrasto tra il verde metallico della capigliatura e il color terra del fusto impone la ricerca di equilibri sempre nuovi, tanto più che, alle nostre latitudini, la palma è una pianta decorativa, che non si mimetizza nell’ambiente ma canta in solitaria. Ed è, probabilmente, in ragione del suo alto tasso di complicazione strutturale che gli arabi hanno accostato la palma ad architetture semplici, lineari e geometriche, o se ne sono serviti come modello per tracciare le linee di forza e gli ornamenti degli interni. Nel chiostro del Duomo di Monreale, alla palma spetta addirittura la parte della fonte della vita. Nulla di strano perciò che Nucci, da buon siciliano, faccia della palma una parola emblematica del suo vocabolario. Parola che significa patria, terra, origine, e che ritorna ogni qual volta l’artista faccia i conti con se stesso o si affacci sull’esterno. E se anche a noi, come a lui, capita di carezzare affettuosamente con lo sguardo queste palme, di dimenticare che si tratta di illusioni e di prenderle per vere, ricordiamoci di Zeusi e di Apelle, rallegrandoci di non aver ancora smarrito per intero l’istinto naturale dei pesci e degli uccelli.


Andrea Guastella

 

 

 
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