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TEMPO ATARASSICO, di VIRA FABRA |
E Miccini – che cosa scrivere dopo di lui? – mette nella scacchiera, per un “giuoco serio”, Socrate e Lacan. Sintomo? Altri scavi sono quasi impossibili se non a fine erratamente ludico. Dunque, “Che fare?”. Scherzare, parlare e non dire, tacere e fare il giardiniere in convento, sia pure per poco tempo, come Wittgenstein? Ripetere o riflettere sulle inquietudini di Gabriel Marcel, cioè su “Le domande della vita” alle quali riconduce Savater? Su ciò che presuppone grandi contraddizioni? Sul triangolo di Ogden e Richards? Sul diagramma di Bernar Venet che, mosso da considerazioni profonde sulla Conceptual art, produrrà opere eccedenti in cerebralismo dalle quali emerge un rapporto intenso con la filosofia coniugante rigore costruttivo ed estetica? Sul continuum di Faraday e gli algoritmi di Maxwell? Sulla bi-logica di Matte Blanco che propone una riformulazione del principio di simmetria e che vede in difficili problemi aperti il duro lavoro necessario alla dilatazione della conoscenza? Su “l’incantamento del nostro intelletto per mezzo del nostro linguaggio?”.
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