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DAL "LIRE" AL PIACEVOLE "SOURIRE" - TESTO DI DEBORAH PIRRERA

 

 

Dal lire al piacevole sourire

Cosa rende il  “lire” un piacevole “sourire” occorrerebbe chiederlo ad Ignazio Apolloni, come poi ciò possa accadere in tempi di crisi, umana, economica e culturale è ancora una domanda da porre all’autore non sensa un pizzico di invidia. Pare inarrestabile la penna di Ignazio Apolloni che non conosce crisi, osserva, annota e passa oltre trasformando il vissuto in trama sottile, con uno sfondo pensato e a tratti filosofico, dono di cui solo le fiabe sembrano essere capaci. Così, ancora una volta sorprende e diverte il lettore, con un lavoro massiccio e a tutto tondo. La penna scivola veloce dando vita a una miriade di personaggi che lasciano tracce leggere sulla pagina delle loro fiabesche vicende, sorridendo compiaciuti anche dinanzi allo scherzo, all’ironia alla quale l’autore li sottopone e alla quale, ancora, anche essi paiono sorridere e inchinarsi: stanno  al gioco. Non che manchino di completezza ma, se solo questa traccia fosse più decisa, la pagina ne soffrirebbe, non ne acquisterebbe in pregio ma solo in pesantezza, che il romanzo non cerca e quindi non trova. Non leggeri però al punto da scorrere inosservati, ma appuntandosi come spilli aguzzi nella memoria di chi li legge.
La vicenda, già veloce, acquista ancora più velocità in itinere, diventa rocambolesca complice un linguaggio moderno, scattante, il ricorso al flash back, alla parodia e al periodare franto e minimale.
Cosa conserva il romanzo della tragedia Shekeasperiana di cui porta il titolo? Lady Macbeth vi ha un ruolo preminente, seppure non faccia comparsa che nel quinto atto, donna dalla forte personalità dotata di sentimenti e passioni estreme; nel lavoro di Apolloni se ne sottolinea l’inafferrabilità, di donchisciottiana memoria, una lady mangiatrice di dolci e divoratrice di uomini che mette in moto la ricerca e dà il via all’avventura. Quando però si lascerà afferrare si rivelerà la vera eroina del romanzo, senza la quale la magia non si sarebbe potuta compiere
Di zuffa in baruffa tra le pieghe del racconto si celano espedienti che, cadendo in giuste mani, suggerirebbero più di un ghiotto affare, di che riempirsi le tasche di talleri. Andreina inventa il cappello che si abbina a reggiseno e mutande, Kirk lancia la moda delle gonne corte e dei tessuti trasparenti che permettano la visione (quale risparmio di tempo ai check in!), Sebastian si scopre essere il vero inventore del Bacio perugina, il cioccolatino con l’aggiunta di nocciola, nato da un bacio vero che l’inventore ha stampato sul labbro leporino di un coniglio; ma non manca chi alleva maiali per farne prosciutti o chi si affanna nell’estrazione di perle… nere.
Ma, come tutte le storie, anche questa deve aver fine anche se tra piroscafi e carrozze,  imbarcazioni di fortuna e espedienti altrettanto fortunati il finale sembra lontano e, quando arriva, non risparmia al lettore quell’amaro in bocca che ha l’incantesimo quando si spezza, il sogno quando trascolora in realtà e si tinge di rosso. E quasi la necessità, direi, di tornare a leggerlo questo romanzo per la paura di essersi persi qualcosa.


(Lady Macbeth, Coppola Editore, pagg. 592

Deborah Pirrera

 
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