ENZO MAZZA |
EPIGRAMMI FINZIONI I poeti si fingono senza invidia alipedi, svagati. Siedono al caffè, indugiano in trattoria centellinando astrusi crittogrammi. Sognano, senza dirselo, di mettere al sole i loro prodotti improduttivi, di rubarsi un Tornasole. PESCI Nei salotti dove nuotano i pesci della tua specie, fabbrichi innocui strali. Affoghi nelle cattedrali. Con le tue vischiose paure non riesci neppure a esercitare il peccato. Per ogni tuo conato ti darei un manrovescio. FRATTAGLIE Smettila di abbarbicarti ai tavoli, di rubare il sale, di osannare agli spermatozoi. Mastica altrove le tue frattaglie. Ti batte il cuore solo quando vedi una svastica. UN NIBBIO Un poeta telefona: che schifo Quella luna di Quasimodo, quei luminari sospesi prima e dopo la Bibbia. Ne abbiamo fatte le spese. Quasimodo è un nibbio, certamente svedese più che siciliano. STAR Diva dalle bianche braccia, tutta ossigeno, carne senza biografia, animale femmina da un milione di dollari, la morte scherzosa ti ha trovata senza animale maschio. STILEMI Oltre l’argine ermetico, forse inventerai nuovi stilemi, farai scricchiolare le giunture del tuo sarcofago metrico. Tra ipotesi, speranze, congetture, vivrai per mietere premi. (Da poco sono spenti Sui cipressi, sui muri fiesolani, i pennelli di Risai). LA GRAZIA Il giovane prete si muove con grazie tra il messale e le ampolle. Si gira, si rigira, alza le mani senza vene, accenna gesti vaghi. Tra le scapole sente gli occhi puntati dei parrocchiani.. Genuflesso, rimane immobile più del consueto, calcola l’effetto. OSTRACISMO Avido di brezze mediterranee, rovesci il tuo binocolo, lo punti dal centro di Milano su un formicaio di reprobi collettivizzati. Tante pulite sconcezze ti danno l’ostracismo. In codesta città dove le cose vanno lisce per tutti, sigli ancora qualche amaro corsivo. La tua spina fa sangue. Si capisce che muori dalla voglia di morire. TEST Nell’ufficio del settimo piano, l’editore sprovincializzato, edotto di mercati e macelli, ammanetta il critico ufficiale, gli pialla, gli sonda il cervello, glielo pesa al milligrammo. Toltagli la bile, accarezzata la sua lana d’agnello, ritocca l’entità dell’assegno mensile. ELEZIONI Al Cottolengo nel ’53, paralizzati, idioti, moribondi, o, uccelli delegati, preti e monache dalla parte di Dio contro il demonio, per una sana politica votavano democrazia cristiana. SILENZIO DI PINTOR Una sera alle Giubbe Rosse tacquero i pappagalli al silenzio di Pintor. Era venuto di passaggio in panni militari. Stette per un pò seduto con le mani aperte sui ginocchi, lo sguardo assorto di chi vede in se stesso. Se n’andò per tornare morto nei discorsi degli altri CINEDO La tua faccia magra, quel filo di bava, il modo di passarti sulle guance le mani stanche, denunciano la tua arte, le tue notti bianche. SETTE ORATORI I sette oratori seduti s’odiano tacitamente, ma i devoti passano agli atei la caraffa dell’acqua, ne ricevono un sorriso. RIMASUGLI Da una berlina nera, con la grassa faccia felice, masticando rimasugli di cibo e litanie, il porporato benedice scribi e farisei MISTICA All’occorrenza, mistico del sesso, prendeva le donne sul nudo pavimento. Curandosi l’ulcera, sbarrando occhi feroci in faccia alle plebi questo poveraccio in bombetta, immortalato in marmo, in bronzo, in gesso, sculacciò l’Italietta, la riempì di legioni, di consoli, di stronzi
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