
|

|
FOGLI APPESI AD UNA CORDA DA BUCATO - TESTO DI GIORGIO MANNACIO |
2 . Fogli appesi ad una corda da bucato. L’affermazione di Valery secondo cui il primo verso di una poesia è dono degli dei esige qualche significativa precisazione e implica qualche notevole conseguenza. Quale è il senso preciso di essa? Certamente essa va letta come se contenesse un’altra parola e precisamente solo . Essa va , pertanto, così completata: solo il primo verso di una poesia è dono degli dei. Questa conclusione lascia in ombra alcune questioni. Cosa significa esattamente primo verso è una di queste. L’autore de Il cimitero marino era di una tale accortezza filosofica che difficilmente avrebbe potuto alludere , con essa , alla posizione della parola stessa nel testo scritto. Sono certo che egli intendesse prima parola come quella che dà origine alla composizione e non quella che si trova al principio del testo . Primo ed originario sono concetti diversi e dunque il termine originario può essere attribuito indifferentemente ad una qualunque delle parole ( o gruppi di parole ) del testo, quale che sia la loro collocazione nel testo. Non possono esservi dimostrazioni scientifiche per codesta affermazione , ma solo testimonianze di modalità di un percorso creativo. Se le premesse sono queste e l’aforisma ,. reso nella sua completezza , allude alla parola originaria, la pratica ( a prima vista bizzarra ) di Ludwig Hohl di appendere ad una corda da bucato gli appunti e gli aforismi che costituivano la sua opera, organizzandoli in modo sempre mobile e dunque provvisorio, diventa una essenziale proposta teoretica. Nella sfilata degli appunti stesi alla corda del bucato ( e si potrebbe addirittura ipotizzare che essi siano sistemati in circolo sì da non distinguersi principio e fine ) perde valore l’aggettivo primo e acquista invece senso l’organizzazione ( lineare o circolare : ma forse la distinzione non ha , a questo punto , ragione di esistere ) della totalità degli appunti. Ad uno qualunque dei fogli appesi possiamo attribuire il carattere dell’originarietà e tutto il resto è organizzazione mobile. E’ alla poesia , più propriamente che alla narrativa ( se si vuole , euristicamente , conservare tale distinzione ) , che questo modo di fare si addice in modo esemplare. La parola o il gruppo di parole originari – il nucleo che dà tono all’insieme – possono risultare , a compimento , all’inizio, alla fine o in mezzo ,ma importante è riflettere sul fatto che ad essi si sono aggregati ( attraverso un procedimento che è mentale prima che psicologico ) le associazioni di parole o gruppi di parole che il poeta avrà individuato , disponendole mobilmente , sulla metaforica corda da bucato. La seconda questione posta dall’aforisma di Valery è , in questa prospettiva , già risolta. Se solo la prima parola è un dono degli dei , la composizione finale è frutto dell’attività che si può definire non più creativa in senso proprio ma inventiva , come quella che trova nei diversi fogli associabili e stesi sulla corda quelli da associare all’originaria parola secondo un disegno compositivo nel quale entrano , in misura incalcolabile e in modo inscindibile , significato e armonia. Vi è , nell’opera realizzata , un punto di non ritorno che Hohl non vuole vedere per coerenza teoretica o nella struggente illusione che la provvisorietà continua assicuri più della provvisorietà definitiva un valore assoluto alla creazione. Probabilmente non può essere così. Quel principio immanente in ogni attività umana secondo cui essa tende ad uno oggetto definito o definibile implica che il numero dei movimenti sia , alla fine , determinato. Lo scacco matto positivo che chiude la partita nell’eccellenza del risultato si ha quando altra mossa non è possibile se non ripudiando il progetto originario e smentendola in maniera radicale. Ad esso si arriva ( e l’opera può dirsi perfetta nel senso etimologico ) attraverso un numero limitato di mosse non determinabili a priori. Quando cambiando la collocazione di una parola o gruppo di parole nel testo quest’ultimo non ha più il senso originario ogni modificazione è una distruzione . Giorgio Mannacio
|
 |

|
|
|