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IGNAZIO APOLLONI - IN RICORDO DI UN GRANDE POETA , EDOARDO CACCIATORE |
Mi capita di leggere ciò che Giorgio Patrizi ebbe a dire il 31.3.2004 in occasione del convegno sull’opera di Edoardo Cacciatore: “Troppi lirismi, intimismi, occupano le antologie di questi cento anni aperti dal dramma del Moderno come perdita della totalità e scoperta dell’ideologia” e inevitabilmente questo giudizio ipercritico (e assolutistico) mi porterebbe a dubitare della centralità della figura di Cacciatore nella poesia italiana, peraltro troppo spesso reietta. E invece, proprio perché il Moderno viene descritto come infernale da chi continua ad avere nostalgie per il passato – malgrado abbia cercato di capire le ragioni dello sperimentalismo e delle avanguardie accendendosi in qualche caso di passione ed adesione – sembrerebbe doversi concludere per la grandezza di colui che altrettanto deliberatamente ha rifiutato la leggibilità se non la comprensione dei propri testi. Non diversamente hanno operato giganti della poesia come Ezra Pound e T.S. Eliot. È dunque un nostro vanto avere avuto un irriducibile testimone della poesia che ripudia la sudditanza, si astrae dal presente, naviga nell’empireo delle cose rarefatte, dialoga con l’astratto mentre rifiuta il concreto e il reale. Altre forme di poesia, come il neorealismo hanno avuto il plauso dei lettori e facitori (orrendo il termine); hanno incancrenito il linguaggio rapportandolo a scarponi pieni di fango. Hanno imbarbarito il logos riducendolo a poche e sempre più viete formule: così bloccando il processo creativo. Alcune schegge impazzite di quel fenomeno e di altri coevi continuano a intorbidire le acque. Ancor peggio, davvero una jattura, fa la poesia religiosa, rigogliosa ancora oggi e tentatrice di un ritorno al primevo, alle origini del verbo quasi non fosse esistita l’evoluzione verso forme di libertà che escludono la superiorità del gesto benedicente. Ordunque, né lirismo né neorealismo; né poesia intimistica né religiosa ma verbo-visiva libera da schemi (alcuni essenzialmente didattici). Anche meglio la Singlossia (seppure ancora tutta da inventare). Intanto si cominci a riconsiderare un’ipotesi di nuovo-nuovo e quindi agli storici di domani “l’ardua sentenza”.
Ignazio Apolloni
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