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IGNAZIO APOLLONI - LETTERA APERTA AL PROF. PIETRO CITATI

                                                                                 21.1.2009

                                                                              A Pietro Citati

                                                                              Via Lutezia, 10

                                                                              00198 Roma

Egregio Professore
     La sua prosa, notoriamente lussureggiante, mi ha indotto a leggere a questo punto cosa avesse scoperto in Gadda che non fosse stato ancora descritto da altri critici; e la sorpresa è stata compensata dalla gioia. Ammetto infatti di sentirmi più leggero, meno angosciato, più proclive ad accettare tra le mie letture un tempo rifiutate, La cognizione del dolore.
    Istintivamente ho preso sempre le distanze dai drammi personali, relegandoli nella sfera privata: quella che nasce e deve morire con chi li ha vissuti e che non possono trovare consolazione attraverso la pretesa condivisione dei lettori.
    Più volte ho messo mano a quel libro e subito dopo l’ho riposto là dove stava – con la speranza che fosse macerato dal tempo.
    In effetti me ne ero dimenticato del tutto (tranne che per il titolo il quale mi rimbomba nella mente con una certa insistenza come si trattasse di un ritornello) allorché volendo sapere ciò che ha trovato nel Pasticciaccio mi ci sono imbattuto.
    Oggi che so qual è la sua opinione, con la dovizia di particolari e citazioni di cui si compone la recensione, posso fare a meno del testo potendomi affidare a lei.
    C’è chi contesta che possa parlarsi di un romanzo senza averlo letto, io adesso posso in questo caso (ma mi è successo anche per altri). Mi affiderò dunque, per il futuro, alle lettura che lei ne ha fatto, se proprio qualcuno volesse richiamarlo alla propria memoria e discuterne. Dubito però che ciò possa succedere. Di Dostojeskij e dei suoi Demoni si è già detto tutto, e sopratutto adesso si vive di esteriorità (leggi: il contrario dell’interiorità) e realtà.
    L’epoca dello zarismo e del comunismo, del nazismo e del fascismo è sempre più lontana dalla moderna visione del mondo: quello retto dalla democrazia, almeno in occidente. C’è semmai da capire di cosa si sostanzia la libertà riconquistata.
    Quanto al Pasticciaccio di via Merulana, trattandosi di un fatto – o meglio fattaccio – in fondo anodino non mi permetto di dissentire, come mio solito, dalla plusvalenza da lei attribuita a ogni singolo episodio della narrazione “fluviale” (tanto quanto lo è quella che sostanzia il mio Lady Macbeth: con la differenza che qui i fatti avvengono nel Nord Europa e non in Roma dove pure ho vissuto per anni e ben conosco i luoghi, particolarmente la Piazza Vittorio di un tempo).
    Il Gadda geologo e storico è ancora più grandioso del Gadda giallista. Purtroppo né l’uno né l’altro hanno avuto la fortuna di un Proust o un Joyce. Prima o poi si dovranno indagare le cause dell’emarginazione della letteratura italiana a fronte di altre. Ma questo attiene alla politica editoriale – da noi particolarmente miope e avida di successi in patria, e perciò esula dalle mie competenze.
Si abbia, come sempre, la mia ammirazione.

Ignazio Apolloni

 
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