La Storia
Ha il mallo marciume la noce Odora di muffa il cuore. L’acqua ha dilavato da tempo Questa ruvida roccia sempre Più brulla fino a briciarla. Solo una rimula à rimasta Per l’anima tutta tremula.
Angiolo bello
In chi sperare se non in Te Che mi aloni ed ambuli la vita Insieme a me; immagino I tuoi piedi senza polvere Né stanchi come i miei Per esta selva selvaggia e dolorosa. Angiolo bello, pelle fine di rosa, Invernicia i miei dodici mesi, Dammi un mannello di gioia, Fammi bere una peverada Di soavi sapori: cannella Di paradiso, vainiglia d’amore Fiori di garofano a pascore. Angiolo, come mi malcontenta La valle disfiorata di quaggiù, Tutta rovi e rovente procella; Una bella dimora concedi a me E una giunca screziata di luci Che scivoli sull’acqua de Letè Oh, io vorrei che soli Tu ed io Fossimo presi per incantamento…
Testamento
Voi sonanti mie creature Di pelle nuda solitarie Venite nel pertugio terroso A seppellire nello scuro I segni del mio teatro Mentale. La campana Che batte le sue vocali Funeree sa le vostre ansie; Ma in quiete ora dormite Sopra i fogli, figlie Mie senza più voce Gemmate dal mio corpo Di silenziosa cera Che lentamente il tempo In poltiglia sface.
Ianua Regni
Il lucernario di facelle distanti Accese sulla casa terrosa Non è che immanente dilemma Ché la mente non intende la causa, L’eternitade del tempo, e forse Lo spazio si espande per vuoti E milia universi nascosi, e forse Sono le cose illudenti miragli E noi ciechi e sordi viviamo. Ma il pensiero non cessa E sempre alla morte domanda: Quale ianua si apre, per dove, Tra galassie e strade di latte E perché mi tormenta il rumore Dei morti pallenti che piangono Ancora novelli di fiori marciti Sul cuore: Remotissimo Dio, Ti invochiamo d’aperire il tuo regno, O ti diamo i pugni sul petto!
L’Annunziata
Mano palombella virginale In volo solitario nello spazio Della tela pinta di scuro, bianca Che hai vinto lo peccato duro Col tuo cenno senza dubbianza, Mano che sposa lo fervente Amore Da cui fiorisce l’albero bello Con benedetto frutto redentore; Nei tuoi dolci solchi destinali Cade come seme il passato tempo E si schiude il giglio dell’eterno.
Calendula franta
Fiamma amorosa Che mi sei doglianza Come potrò me confortare? Appena se ne partì il vascello Con i suoi baci ardenti L’aria si fece fredda Il cuore come neve. Se in altri remoti spazi Se ne va, di tetto in tetto Ladro fuggitivo, Io, calendula franta Da troppo spiro di vento, Discolorata appassirò.
Me in oblio
Buio coltello che mi trapassi Il cuore, mentre effluvia il sangue Tristezza desiderante. Non più Baci con sapore di giacinto Ora che l’oscurità nascose Il nostro amore e come mare In seccura il corpo è rimasto Tra detriti di memorie. Ed ancora vorrei dire Altrove. Ma nella notte Lunga scia di fiamme ardenti Ed altre da molti eoni morte, Ed io ero, fui. Quando taciterai Ostinato cuore? Fra i molti semi Seminati nessuno per l’eterno Germogliato: la vita s’insepolcra, Il respiro sbiadisce, la gazza Di schianto cecidit dal ramo. Che può il verbo del poeta? Dicono che immortale la vita Risorga nei suoi regni. Me in oblio lasciate Con mio smorto amore.
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