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MARIO CUSIMANO E CLAUDIO LAURETO - TESTO DI FRANCO SPENA

 


Due fotografi, due forme di espressione legate da un’unica poetica; due modi di rappresentare la realtà  che viene filtrata attraverso meccanismi quasi letterari, poiché è preminente una attenzione al narrare che lascia trasparire un racconto che sembra vivere oltre le immagini.
Mario Cusimano e Claudio Laureti espongono nelle sale di Palazzo del Carmine e la cura dell’allestimento mette in evidenza l’attenzione al particolare, al dettaglio, attraverso una forma di inquadratura che isola situazioni che pongono l’attenzione su parti del corpo, sul comporsi di gesti o di oggetti che fanno di ogni foto quasi il paragrafo, il frammento di un racconto più ampio che prende corpo oltre le immagini. La suggestione in effetti è data per linee essenziali, per dettagli, per situazioni, colte o messe insieme, scoperte direi, che vivono nascoste da un quotidiano prorompente che ne impedisce la percezione. La sequenza delle immagini si sviluppa così per toni intimisti, poetici a volte, come per una implacabile cronaca, seppure nell’azzardo di una riduzione in termini che isola l’evento rappresentato dal contesto. E’ il caso di Mario Cusimano che compone giochi di mani e di oggetti che alludono a storie non rivelate, ma poeticamente suggerite da un comporsi di dettagli e di gesti, di primissimi piani che sospendono la narrazione tra detto e non detto, in atmosfere a volte in bilico tra il visibile e la scomparsa. Sono foto intenzionate, nelle quali ogni elemento è rigorosamente al suo posto, espresse da una calligrafia che, fermandosi al punto giusto, sposta concettualmente nell’osservatore lo sviluppo di storie intime che si caricano di mistero e coinvolgono i sentimenti.
In parallelo si sviluppa la ricerca fotografica di Claudio Laureti che predilige lo scatto, l’immagine che si coglie nel momento in cui l’evento accade e non si ripete. Ed è il dettaglio che anche lui ama, liberando particolari da un contesto all’interno del quale lo sguardo potrebbe perdersi. “ I sui sono frammenti di una realtà presa in diretta, nei momenti in cui la vita procede e muta velocemente”, dice di lui Ovidio Jacorossi, e ciò che accade in un quotidiano che ci passa accanto viene evidenziato in una sorta di “ritaglio”, una sezione che, divenendo soggetto dell’opera, finisce col riassumere in sé, fisicamente e psicologicamente, tutto ciò che manca. E’ in fondo la magia del particolare, che è esso stesso un tutto, che non riesce a negarsi a una realtà che lo contiene e a cui appartiene e alla quale lo sguardo ritorno per trame di memoria, per le vie di un immaginario nel quotidiano quasi dimenticato. E’ un metafisico silenzio che in fondo si fa protagonista di questi lacerti di realtà che aleggia fra le luci e le ombre di Mario Cusimano e che si fa rivelatore delle parole segrete di un linguaggio che vive al di là dei gesti o delle azioni di Claudio Laureti. Un silenzio che proietta le situazioni in una dimensione quasi decadente che rivela un affettuoso rapporto quasi gozzaniano, psicologico, col soggetto che viene quasi scoperto, espresso sottovoce, sussurrato e amabilmente rappresentato.


   FRANCO SPENA

 

 
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