sono gli anni del distacco ogni giorno mi congedo dalla carne di mia madre spio la palpebra sempre più pesante sull’occhio di mio padre e gli amici tutti sparsi nei propri dolori: ci sentiamo qualche volta come ultimi di passaggio in fretta imbarazzati di essere ancora vivi e l’Edda ha un tumore e tempo contato (se era garanzia della mia eternità li capisco li so certi film come Psyco e le mummie, il golem, le reliquie dei santi trasudate di carezze e di baci
perché così, potessi, anche così soltanto li terrei da toccare ogni tanto con pudore materia putrescente o impietrita matermateria sacra amata viene il pensiero così:per Natale, sarà par Natale, quando sarà (ma avanti molto avanti ancora perché adesso la tengo per la giacchetta qua, a darmi da mangiare
non ci sarà più il presepe, impossibile Gesù nel fiato dell’asino del bue, la madre solo Cristo in croce quando muore la mia amica dice: come un tunnel un cilindro vuoto che mi attraversa dalla testa ai piedi non avere più mia madre dagli otto anni
ne tremo io che la perdita sarà sicuramente dopo i cinquantotto dice di lasciarla andare che è stanca e prima o poi e che -non lo ripeto sempre? di là si sta bene quindi
ma non ci riesco e forse mai: come se l’universo poi non potesse amarmi più, quell’esclusivo darmi essere senza niente in cambio neanche mi consola che di là possa rincontrarla se avrà diritto al meglio di sé: giovane, bambina, figlia anche lei e se anche le fosse tutte insieme però questa cura totale quest’amore che a me la risucchia e l’annienta non ci sarà più né il suo farmi divina così la tocco la guardo già con nostalgia quel suo continuare a darsi madre che la chiamo: mater dei e madre di dio infatti la strada maestra, la certezza perché in lei ho sentito dio perché lei è dio perché lei, madre, l’ha creato nel mio io dio ho sognato l’acqua e mi porta male: che bruciò il fienile l’ultima volta cinquanta, anche più anni fa, però non conta, il segno è quello – dice ma nuotavo bene, forte e Gino dietro, lui che aveva paura contro la corrente, io no e poi siamo arrivati a un’acqua larga grande e: siamo salvi qui nel mare! nessuno che s’annega allora perché dire che fa paura?, o Gino che sta dietro fa impressione, ma no è solo che se anche succede spesso, lo sogno sfuocato, la faccia così imprecisa! che capita coi morti, chissà come puff! no!, tutto lo zucchero per terra! proprio mani di ricotta, ma che sfortuna! Ecco, vedi, il sogno lo diceva!
(come un baccalà in neve di melassa gelato da fantasmi e profezie: ah sì, per stavolta è andata bene ma la paura, babbo, la paura! sogno con mia madre
per metterla in ordine al viaggio distesa nel letto accanto a me toccavo le sue gambe more come di mummia, attenta a non spezzarle, a non sbriciolare le dita il piede e intanto parlavamo e lei morta era viva poi lungo il sentiero di notte tra bossi e sirenelle sotto il noce la conducevo diafana leggera, alla mia casa più profonda, a me dove farla stare, e per un tonfo della notte lei sobbalzava stretta alla mia mano è così da morti le - dicevo fanno paura certi suoni nella nebbia e poi da soli e portandola avanti sapevo che l’avrei dovuta staccare dalla mano ma da me indistinguibile ormai la beneandante
andavo in campagna insieme – che era come dichiararlo: per amarsi d’amore e una donna col fazzoletto che li guarda senza capire, lui e la morosa gli risponde: non dirà niente, è mia madre - già morta anche nel sogno e sconosciuta a lui mio padre fa sogni da rabbrividire come già in paradiso
|