BENITO SABLONE |
L’ANGELO DI REDON Questi versi neri scritti nell’oscurità su una scura superficie questi versi senza bandiera che si posano sul prato e sono foglie e sono volatili formiche stanno nella mia mente sono piccole anguille mutano forma camminano esalano profumo secondo le stagioni Questi versi neri poco tranquilli insidiosi insidiati ripercorrono le forme accusano gli errori mobilitano tutte le storie e cadono infine qui su questo pezzo di carta * Non mi darai ragione per l’altitudine del fiato e le soluzioni del tuo sconfinato intelletto - Ci dividono i ponti che non amo e questa riva solitaria senza pietra né ramo * La strada è il fiume che mi scorre accanto - seguirti non è facile le brume consentono il sorpasso non che ti raggiunga * Disco chiaro anello di penombra dietro le finestre dove gli anni anche di domani sono già passati Disco chiaro - cometa senza chioma ardesia eterna sola tra le nuvole occhio lampante asceta della notte ermetica presenza pallida figura sogno avaro incerto d’ogni mutamento parte dell’interno soffio d’ogni evento * La terra scocca la sua lancia di polvere – l’erba della soglia brucia sulle porte la tua mano serra il fiore – la tua bocca un sorriso leggero Nell’arcano giugno appena schiuso vince sopra ogni odore la guancia posata sulla foglia * Il fantasma dell’uomo che spezzava il pane era sul ponte Milvio sotto i fiori della prima neve Respirava la città nella tregua del sonno - sulla moto un alabardiere a gesti lo chiamava proprio lì di fronte * Entrata nel giardino lo vide camminare sugli sterpi Era vivo – sotto i piedi si spezzavano le erbe scricchiolavano gusci di lumache Disse non mi toccare - sotto le bende le ferite entravano nell’aria avidamente * Il cieco sentì le mani sopra gli occhi il crudo impasto della terra ferirgli l’osso del cuore Una nube lungo il corpo scosse il suo bieco ardore lo distorse * Ti ho riconosciuto all’angolo della guerra armato indifeso ucciso dal fumo offeso dalla terra ardente - amato dal sole spostato più in là trasparente a due passi dal niente * Distorto per i secoli il pensiero la storia di sangue e di parole per un vento che soffia dove vuole Per l’ordine del tempo tutto è lì preciso - i narratori i fatti Avvampano nel tempo sterminato i gesti dell’uomo circonciso * La finestra apre sull’estate si meraviglia di se del fiume che fanciullo corre senza tregua L’orizzonte è pulito un suono allegro lo attraversa di missile o di vento non c’è limite al silenzio della valle alla tua fronte che scioglie i suoni scioglie l’orizzonte * Sulla pagina lascia sanguinare la goccia di minio La prima lettera racconterà l’insulto della caduta Sotto l’albero ho scelto la ragione tormento dell’uomo Ancora mi assale l’urto vegetale dello sterminio della negazione * Sono anch’io curioso di sapere come andrà a finire - Sul vaso etrusco le pernici battono sull’incrinatura (maledetto l’aratro che fruga tra le zolle) e giù nel vuoto delle tombe cercano le aurore * …se ci sono ostacoli lo saprà il mio protettore Il Guardiano - mi dirà senza arrossire le sue minacce mettendo sulla Soglia la trappola più alta Dopo la strada sarà aperta Non mancherà il coraggio per la corsa finale e il capitombolo ultimo scopo
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