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BENITO SABLONE

 

 

L’ANGELO  DI  REDON

   

Questi versi neri

scritti nell’oscurità

su una scura superficie

questi versi senza bandiera

che si posano sul prato

e sono foglie

e sono volatili formiche

stanno nella mia mente

sono piccole anguille

mutano forma

camminano

esalano profumo

secondo le stagioni

  

Questi versi neri

poco tranquilli

insidiosi insidiati

ripercorrono le forme

accusano gli errori

mobilitano tutte le storie

e cadono infine qui

su questo pezzo di carta

   

*

   

Non mi darai ragione

per l’altitudine del fiato

e le soluzioni

del tuo sconfinato intelletto

- Ci dividono i ponti

che non amo

e questa riva solitaria

senza pietra né ramo

   

*

   

La strada

è il fiume

che mi scorre accanto

- seguirti non è facile

le brume

consentono il sorpasso

non che ti raggiunga

   

*

   

Disco chiaro

anello di penombra

dietro le finestre

dove gli anni

anche di domani

sono già passati

 

Disco chiaro -

cometa senza chioma

ardesia eterna

sola tra le nuvole

occhio lampante

asceta della notte

 

ermetica presenza

pallida figura

sogno avaro incerto

d’ogni mutamento

parte dell’interno

soffio d’ogni evento

   

*  

   

La terra scocca la sua lancia

di polvere – l’erba della soglia

brucia sulle porte

la tua mano

serra il fiore – la tua bocca

un sorriso leggero

Nell’arcano giugno appena schiuso

vince sopra ogni odore

la guancia posata sulla foglia

   

*

   

Il fantasma dell’uomo

che spezzava il pane

era sul ponte Milvio

sotto i fiori della prima neve

Respirava la città

nella tregua del sonno

- sulla moto

un alabardiere

a gesti lo chiamava

proprio lì di fronte

   

*

   

Entrata nel giardino

lo vide camminare sugli sterpi

Era vivo – sotto i piedi

si spezzavano le erbe

scricchiolavano

gusci di lumache

 

Disse non mi toccare

- sotto le bende le ferite

entravano nell’aria

avidamente

   

*

   

Il cieco

sentì le mani sopra gli occhi

il crudo impasto della terra

ferirgli l’osso del cuore

Una nube lungo il corpo

scosse il suo bieco ardore

lo distorse

   

*

   

Ti ho riconosciuto

all’angolo della guerra

armato indifeso

ucciso dal fumo

offeso dalla terra

ardente

- amato

dal sole

spostato più in là

trasparente

a due passi

                   dal niente

   

*

   

Distorto per i secoli il pensiero

la storia di sangue e di parole

per un vento che soffia dove vuole

 

Per l’ordine del tempo

tutto è lì preciso

- i narratori i fatti

 

Avvampano

nel tempo sterminato

i gesti dell’uomo circonciso

   

*

   

La finestra

apre sull’estate

si meraviglia di se

del fiume che fanciullo

corre senza tregua

L’orizzonte è pulito

un suono allegro lo attraversa

di missile o di vento

non c’è limite

al silenzio della valle

alla tua fronte

che scioglie i suoni

scioglie l’orizzonte

   

*

   

Sulla pagina

lascia sanguinare

la goccia di minio

La prima lettera

racconterà l’insulto

della caduta

 

Sotto l’albero

ho scelto la ragione

tormento dell’uomo

 

Ancora mi assale

l’urto vegetale

dello sterminio

della negazione

  

*

   

Sono anch’io curioso di sapere

come andrà a finire

- Sul vaso etrusco le pernici

battono sull’incrinatura

(maledetto l’aratro

che fruga tra le zolle)

e giù nel vuoto delle tombe

cercano le aurore

   

*

   

…se ci sono ostacoli

lo saprà il mio protettore

Il Guardiano

                       - mi dirà

senza arrossire

le sue minacce

mettendo sulla Soglia

la trappola più alta

 

Dopo

la strada sarà aperta

 

Non mancherà il coraggio

per la corsa finale

e il capitombolo

ultimo scopo

 

 
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