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LORENZO MARIA BOTTARI di ANTONIO MIREDI

 

                  
                         

Quarant'anni vissuti con Arte                                
Fourty years dedicated to art
                                                             

 

E’ la  stagione del ’68 – una stagione intensa e tumultuosa, carica di rivolgimenti sociali, culturali, politici – quando il giovanissimo Lorenzo Maria Bottari lascia la nativa Palermo, orfano dall’età di cinque anni e penultimo di dieci figli
Una separazione dalla famiglia per certi aspetti dolorosa ma necessaria e soprattutto liberatoria, già sognata in anni più acerbi, quando il sogno di fuga era quello di volere un incontro con il Maestro Picasso.
Ed è a Firenze, capitale dell’arte per il giovane artista nutrito dei sogni che sanno misurarsi anche con il contesto reale e affidarsi alla umiltà dell’apprendistato e dell’officina, il luogo da dove ricominciare.
Ricominciare, dal momento che Lorenzo Maria Bottari ha cominciato a disegnare e a dipingere già nell’età della adolescenza, ricevendo incoraggiamenti e i primi riconoscimenti.
Il felice incontro con il professor Giovanni Varvaro e la familiarità spirituale con  Antonino Bottari, cugino di Lorenzo Maria ed ex Docente all’Accademia di Belle Arti di Palermo, si rivelano decisive nell’incoraggiare l’amore per la realtà quotidiana, da cui occorre sempre partire per avere un volo luminoso negli orizzonti più liberi e più vasti.
Il ritratto di “Veronica De Laurentis”, con il suo naturalismo figurativo e cromatico, se da un lato non rivela ancora la cifra più originale dell’artista, è allora rappresentativo di questo misurarsi con la natura e concorrere alla sfida di carpire il suo soffio più segreto e poterla così superare. E il ritratto è, per l’appunto, proprio realizzato nel 1968.
Il sogno dell’arte può ora sprigionarsi in tutta la sua gamma di colori e di contenuti, per soddisfare intanto quell’onnivora e panica sete di conoscenza  e desiderio, sete rimasta intatta ancora oggi, e per una sorta di bisogno di assimilazione per accumulazione, prima di proporsi con una sua cifra unica ed inconfondibile.
I viaggi all’estero – a cominciare da Londra – e i sodalizi artistici con  affermati e famosi  artisti, da Kodra a Guttuso, da Cagli a Lam, per citarne solo alcuni, danno infine quella accelerazione in grado di proiettare Lorenzo Maria Bottari in una dimensione internazionale ed eclettica, se non nello stile, ormai riconoscibilissimo, nella ricchezza dei valori e dei rimandi simbolici.
Il sodalizio artistico non si presenta meramente spirituale, a volte si tratta di un sodalizio creativo che permette nell’incontro la rivisitazione di “omaggi” a protagonisti e figure del passato e della contemporaneità.
Ed è il caso di Angus Mc Bean, che ha avuto modo di scrivere come dei numerosi eventi inattesi che si sono verificati nella sua vita “ il più significativo è stato l’irrompere dell’artista Lorenzo Maria Bottari”
“L’irrompere” è sicuramente un verbo che declina bene e in modo significativo la pittura dell’artista: l’urgenza dei colori, innanzitutto, e il debordamento delle forme e dei segni, tutti quegli elementi simbolici che man mano si precisano e che diventano la tessitura di una narrazione che procede per cicli.
Gli  Omaggi a personaggi e a figure, anche non più viventi, sono la conseguenza dell’incrocio di affinità elettive e il pretesto mitopoietico di una coerente unica rappresentazione panica della vita, in cui il termine panico ritrova proprio tutta la sua carica erotica e la sua valenza ambigua e poliedrica, ovvero il suo significato mitologico attraverso il suo elemento sensuale ed oscuro, fatto di luci ed ombre, gioia e turbamento.
E il Mito non poteva essere assente in un artista nutrito del latte di una terra mitologica come la Sicilia, anche se continuamente riletto alla luce di una coniugazione moderna ed internazionale.
Elemento ambiguo del Mito colto per esempio nella figura dell’ippogrifo meccanico, surreale e moderno, che spesso volteggia nelle sue opere.

Ippogrifi e libellule, sagome di sole e di luna congiunti in un bacio, in molti casi sono la testimonianza di una natura viscerale e debordante che non potrà mai essere catturata nella prigionia di un codice di mercato dove le ragioni sono più quelle della convenienza e della moda imperante che quelle dell’anima e della vocazione più intima e carnale.

Tutto questo spiega quella assoluta libertà creativa che rende Lorenzo Maria Bottari artista neoselvaggio non riconducibile a una rigida stagione estetica contemporanea sotto le abili protezioni di criticii ideologici e militanti.
Artista troppo libero per essere artista concettuale, troppo vero per ripetere una identica formula astratta e segnica, artista troppo carico di energia per limitarsi a una rappresentazione della realtà staccata dalla fantasia e la fantasia staccata dalla realtà.
Croce e delizia di un essere artista che  nel tempo del cinismo e del disincanto, dell’etichetta e del consumo sa vivere del proprio lavoro senza compromessi che portano allo scarto e alla rinuncia del proprio essere più profondo.
Ripercorrere quarant’anni di attività così intensa e, pur nella riconoscibilità di cifra, così  molteplice, significa ritrovare il tempo senza tempo del mito e i fantasmi e le emergenze del nostro inquieto presente.
Un presente vissuto e raccontato con sensibilità e partecipazione, senza sfuggire alla palese adesione ai valori di tolleranza e fratellanza, pace e solidarietà, minacciati dalla reazione pregiudiziale contro l’attuale società multietnica e globalizzata.
Un’avventura artistica, quella di Lorenzo Maria Bottari, declinata come assoluta vocazione pittorica, la cui grammatica di desiderio e conoscenza rivelano il dono di una fede.
Una fede così paga di  grazia nella sua istintiva innocenza, in grado per questo di vincere il corso crudele del tempo e porsi valore archetipico universale.

1968 – a stormy and intense season, full of social, cultural and political revolution – this was the moment when the young Lorenzo Maria Bottari left his native Palermo. He was an orphan from the age of five and second last of 10 children.
It was a somewhat painful separation from his family, but necessary and, above all, a liberation. He had dreamed of escaping, even in his very early years. At that time his dream was to meet with Master Picasso.
Florence was the place to start afresh. It was the capital of art for the young artist who was nourished by dreams, competing in the context of the real world and relying humbly on apprenticeships and the workshop.
A new departure - as Lorenzo Maria Bottari already started designing and painting in his adolescence, when he received encouragement and initial recognition.
The lucky meeting with professor Giovanni Varvaro and the spiritual proximity with Antonio Bottari, a cousin of Lorenzo Maria and former teacher at the Accademia di Belle Arti in Palermo, became decisive moments, encouraging his love for day-to day reality. That’s where you always have to start from to earn a luminous flight into freer and wider horizons.
Even if the portrait of «Veronica De Laurentis », with its figurative and chromatic naturalism, doesn’t show the painter’s most original codes, it represents his measuring up with nature, his contribution to the challenge to understand nature’s most secret breath in the attempt to go beyond. The portrait is, as a matter of fact, one of those realized in 1968.
The dream of art can now flash in all its variety of colours and contents to satisfy - for the time being - this unlimited devouring and dionysian thirst of knowledge and desire, thirst still vivid today. In some way it is a need for assimilation by accumulation, before he reaches his unique code proper to him alone.
Journeys abroad – beginning from London – and the liaisons with known and famous artists, from Kodra to Guttuso, from Cagli to Lam to name only a few, finally provided the impetus to project Lorenzo Maria Bottari into an international and eclectic dimension. That didn’t affect his by now very recognisable style, the wealth of values and his symbolic reminders.
The artistic liaison is not only spiritual; at times it becomes a creative liaison which - in encountering it - allows us to revisit  “homages” to the key players and figures of the past and the present.
Such was the case of Angus McBean who wrote that of the many unexpected events that occurred in his life “the most significant one was the intrusion of artist Lorenzo Maria Bottari”.
“To intrude” is certainly a verb which declines well and significantly  the artist’s style of painting: firstly, the urgency of the colours, the reaching out of his forms and signs, all those symbolic elements evolving step by step to become more precise and to form the texture of a tale proceeding in cycles.
The homage to personalities and figures, including the dead, is the consequence of the crossing of elective affinities and of the mytho-poetic pretext to achieve a single coherent dyonisian representation of life, where the term dyonisian rediscovers all its erotic load and its ambiguous and multiform value, or rather its mythological significance through its dark and sensual element, made of light and shadows, joy and entanglement.
Obviously myth cannot be absent in an artist nurtured by the essence of a mythical countryside like Sicily. And myth remains also if it is continuously interpreted from the viewpoint of a modern and international conjunction.
One of the ambiguous mythical elements is found, for example, in the figure of the “ippogrifo mecanico”, surrealistic and modern, which often flies in his works.
Ippogrifi and libellees, shadows of the sun and the moon joined in a kiss, they are often testimonials of a visceral and overwhelming nature which will never be caught in the prison of a mercantile code where reasons of convenience and reigning fashion are better off than the soul and the more intimate and carnal vocation.
All this explains this absolute creative freedom which makes Lorenzo Maria Bottari a newly savage artist who cannot be categorized in a precise current aesthetic season under the able protection of ideological and militant art critics.
He is too free an artist to be a conceptual artist, too authentic to repeat an identical abstract and sign-bound formula, too engulfed in energy to limit himself to represent reality separated from fantasy or fantasy separated from reality.
These are the cross and delight of an artistic being who his able to make a living out of his work in this time of cynics and disenchantment, labels and consumption, which entice people to produce rubbish and to renounce their own deepest essence.
Even the volume of his work is recognisable in the number of his paintings, to run through forty years of intense and such multifaceted work means to rediscover time without the time of myth and the phantasms and the urgencies of our so turbulent present.
These present times are lived and recounted with sensibility and participation, without avoiding an obvious acceptance of values like tolerance and brotherhood, peace and solidarity, which are all endangered by prejudicial reactions against today’s multiethnic and globalized society.
His, Lorenzo Maria Bottari’s, is an artistic adventure declined in a pure vocation for painting, who’s grammar is composed of desire and knowledge showing the gift of a faith.
Such faith is repaid in his instinctive innocence, through which he is able to win the cruel flow of time and so become a universal archetypical value.

Antonio Miredi

Milano, ottobre 2008

 

 
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