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IGNAZIO APOLLONI, Lettera aperta a ROMANO LUPERINI

 


 
Egregio Professore
Sempre impegnato nel cercare di capire il presente e spiegare il recente passato (gli ultimi trenta anni almeno in cui l'intellettuale è via via entrato nella spirale del corpo non solo senz'anima - in fondo poco male - ma anche disinteressato alle sorti del pianeta, di chi ci vive, di chi lo rende con il proprio lavoro di vario genere, vivo) lei ha scritto - e L'Unità pubblicato il 22.10.08 - un saggio illuminante sul post-modernismo.
Purtroppo potrebbe risultare senza effetti ove non diventasse bandiera di chi, e sono in tanti, stanno manifestando la loro insofferenza per uno status quo addirittura nichilistia quanto a vox dei contrapposta a una quasi inesistente vox populi.
Dubito infatti che i megafoni possano sostituirsi e battere le reti televisive a meno che non ci sia una nuova presa della Bastille (incruenta ovviamente ma di diversa specie rispetto a quella che seguì al '68 fatta di fagocitazione degli intellettuali di allora dentro il sistema).
Ecco allora che mentre devono essere forgiati degli intellettuali "a prova di bomba", per dirla eufemisticamente o metaforicamente - cosa egregiamente assolta dal suo scritto e dagli altri che seguiranno sul tema - si deve costruire una grande progettualità nella quale calare le giovani generazioni oggi in lotta contro il precariato universale e l'insicurezza che lo governa.
Mi permetto allora di prospettare un futuro di grandi conquiste per la conoscenza capaci di creare entusiasmi di lunga durata (il contrario dell'effimero) costituito non solo dalle scoperte spaziali ma dall'uso che potrà farsene: il tutto però preceduto da una campagna di denatalizzazione che investa l'intero globo.
L'uomo ha conosciuto viaggi immaginari (ad esempio quelli di Jules Verne) che lo hanno esaltato e spinto a ricercare il modo come uscire dall'asfissia legata ai limiti della conoscenza di allora in termini di scienza e tecnologia.
Ha però anche letto e divorato il Don Chisciotte di Miguel Cervantes per arricchire il mondo altrimenti arido della pura matematica e fisica.
La commistione tra realtà e fantasia mi sembrano lo strumento di volta per uscire dalla stagnazione di attività letteraria feticistica fondata esclusivamente sulla prima e fare volare alto il desiderio di costruire una nuova civiltà.
Insomma, che i bisogni non siano soltanto espressi da un migliore hic et nunc ma guardino all'immenso potenziale offerto dalla conquista dell'universo.
Questa la problematica di chi, nell'Antigruppo, ebbe a scriverne sopraffatto però da quelle estetiche (ed anche di carriera) dei padri, figli e padrini del Gruppo '63: tutt'altra cosa rispetto ai "figli dei fiori".
Mi permetto a questo punto di dare un saggio di ciò che ho fin qui espresso.
Cordialmente


Ignazio Apolloni

 
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