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LORENZO MARIA BOTTARI intervista ALESSANDRO QUASIMODO

 

 

IL  MIO QUASIMODO QUASI SOGNATO
Dialogo tra Lorenzo Maria Bottari e Alessandro Quasimodo


L. M. B. : E’ da tempo che sognavo di approfondire la mia conoscenza dell’opera poetica di Salvatore Quasimodo. Il confronto, inconsciamente, mi dava un senso di timore nel dovermi misurare con un grande della letteratura universale, ma la visita a Modica, nella casa natale del poeta siciliano, si è rivelata subito una vera e propria epifania, al punto che ha squarciato il velo di ogni dubbio e ha incoraggiato la mia immaginaria rivisitazione.
Nel leggere e rileggere le poesie ho trovato la conferma di un paesaggio pittorico ricco di figure e simboli, pronti a dare nuove riflessioni e nuove sollecitazioni.
L’ interiore dialogo con l’ universo di Quasimodo ha avuto anche nel tempo la gioia di incontrare le persone che hanno conosciuto il poeta e che hanno contribuito con i loro ricordi e le loro emozioni, ad approfondire l’ideale cammino che ho voluto intraprendere sulle tracce del versi: Umile Francesco Peluso, di Cosenza, Anita Sanesi, Ernesto Treccani, Alda Merini, Ibrahim Kodra, di Milano.
A suggellare tutti questi nomi di artisti e letterati, è arrivato l’incontro felice con Alessandro Quasimodo, figlio del Premio Nobel che, all’inizio incuriosito, ha voluto generosamente partecipare a questa mia esperienza creativa.
A questo punto posso dire che, come tante altre volte, il sogno si è trasformato in una realtà.
E nella realtà di uno studio, dialogando in mezzo ai pennelli. Ai colori e alle tele, Alessandro ha risposto a delle mie domande.

Come figlio hai respirato l’atmosfera e la sensibilità del mondo quasimodiano. Come ti poni davanti a interpretazioni di pittori che provano a tradurre in arte visiva le poesie di tuo padre?

A. Q.  Dipende dalle situazioni e dai modi: a volte trovo alcune interpretazioni inutili. Quando il     risultato pittorico è troppo illustrativo o di maniera. Il tuo è “ lirico “ e quindi più vicino alla poesia. Questo mi fa pensare a Pirandello e a una sua considerazione sul modo di scrivere: il verismo    ( Verga ) fotografa la realtà, mentre Pirandello la assimila e la elabora attraverso lo stato d’animo,    ridandocela trasfigurata: questo è ciò che io ritengo “ lirismo “. Osservando i tuoi lavori vedo che hai trovato la tua lettura, hai colto molti suggerimenti del mondo quasimodiano. Mi sembra che l’apporto che hai dato nasca da un mondo che ti appartiene, anche se forse sono opere che sarebbero nate comunque, al di là dell’ispirazione.
   La descrizione delle liriche, come prima acennnavo, non risulta banale, ma si intuisce la forza di una
“ folgorazione “ di un singolo verso, enucleato, poi sentito, e riproposto dalla tua espressione che è pittura. Se leggiamo “ Ed è subito sera “ ci colpisce il dolore universale, il senso della vita che è breve: tu hai aggiunto anche una gioia universale, dando rilievo a un che di tribale,di animalesco, ma lasciando trasparire della fanciullezza, che è espressione di eternità.

L. M. B. :  Quale è stato il rapporto di tuo padre con l’ arte e con gli artisti che ha incontrato?

A. Q. : Un rapporto molto stretto, direi di simbiosi, “  creare insieme “: lui nel campo della parola e, a seconda dei casi, il pittore o lo scultore nei rispettivi settori.
Non c’era rivalità tra loro, il che rendeva i rapporti più veri, più semplici, si sentivano di condividere un medesimo concetto di arte. Anche mio padre conobbe un brevissimo, ma non casuale, periodo di pochi mesi in cui si cimentò nel disegno e nella pittura, per soddisfare un altro lato della sua sensibilità artistica. Mi piace ricordare anche la schiettezza immediata e amicale di quei sodalizi. Penso a mio padre che, prima di raggiungere la stazione ferroviaria, chiama il pittore Gabriele Mucchi in piena notte e, nell’ attesa che lo separa dal treno delle cinque, che lo riporta a Sondrio al pesante lavoro di geometra, concertano un incontro artistico a un piatto di spaghetti.

L. M. B. :  Mi interessava un tuo parere sull’amicizia che lo  lego a Guttuso, che ho conosciuto e che è stato per me un incontro di grande intensità.


A. Q. : Li univa una rapporto di “ affettuosità “, molto forte. Ne sono testimoni le loro lettere: c’era un comune trasporto di sentimenti, idee, affinità elettive, non solo per le comuni origini siciliane. Guttuso aveva facilità ad entrare nel mondo di Quasimodo e viceversa.


L. M. B. :  “ Quasimodo quasi sognato ”, che ne pensi?


A. Q. :Mi piace l’ allusione. Hai visto una dimensione non sempre immediata di Quasimodo: il senso di un recupero della gioia che passa attraverso il sogno. Mio padre era pessimista. Sperava di avere delle risposte che fossero un “ no “ alla sua sfiducia, e la risposta era proprio nel sogno, nella dimensione onirica della poesia, l’ unica che può”consolare il mondo“. Anche nella sua storia personale, segnata da un’infanzia negata ( a soli sette anni, dopo l’esperienza del terremoto di Messina, fu costretto a diventare adulto ) riemerge questa tensione di recupero, un anelito di salvazione grazie alla poesia. La chiave onirico-sognante è chiave privilegiata per leggere la poesia di Quasimodo. Mi piace molto l’entusiasmo con cui hai vissuto queste liriche, manifestando un interesse passionale. E la passionalità, se sincera, è dote difficile da trovare oggi.

 

Lorenzo Maria Bottari

 
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