Salvo Barone non se ne abbia a male, ma lui è uno di quegli artisti che ci confermano nella convinzione che, per dipingere ritratti, occorre essere spietati. Anzitutto bisogna guardarsi attorno con nonchalance, perché nessuno si accorga che in giro c’è un pittore, e rubare con destrezza da rapaci l’anima di chi cade sotto tiro (ciò, si badi, vale anche quando si lavora in studio con un modello che, per la sua salute mentale, dovrebbe essere ignaro del misfatto). Quindi, in un luogo sicuro, si passa alla vivisezione del prescelto il quale, sdraiato sul lettino anatomico, viene letteralmente smembrato: la mano dell’artista è infatti abilissima nell’evidenziare, attraverso sparsi elementi, la sua realtà fisica ed esistenziale. L’ultimo atto dello spettacolo è quello in cui il moderno dottor Frankenstein ricompone i pezzi del soggetto ormai defunto, donando al ritratto un’illusione di vita. Ma sarà davvero illusione? C’è qualcosa di assoluto, di diabolico nella calma sovrana con cui quella donna ci scruta, nello smarrimento di quel giovane in una stanza troppo più vecchia di lui, nella sfrontatezza sprezzante di quel nudo maschile, nella legnosità impacciata di quella ragazza che sembra incapace anche solo di reggere un libro sulle gambe, nel ciuffo di capelli che fa ombra allo sguardo di quel fanciullo di strada, proteggendo chissà quali cattive intenzioni. È come se, loro malgrado, Barone ci avesse rivelato queste persone non come si mostrano, ma come realmente sono. Noi non sappiamo se l’artista sia ricercato dai committenti, se qualche malintenzionato aspiri a malmenarlo. Possiamo solo consigliargli di stare alla larga dai suoi personaggi, prima che escano dalle cornici e si presentino a chiedergli il conto.

Andrea Guastella

Fanciullo, olio su tela, cm. 44x40, 2005

Ragazza che legge, olio su tela, cm. 70x80, 2006

Ritratto in un interno, olio su tela, cm. 60x83, 2005

Ritratto di signora, olio su tela, cm.50x60, 2005