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FABIO ROMANO - TESTO DI ANDREA GUASTELLA

 

Per Fabio Romano


Ci vuole coraggio, oggi, per fare pittura. In un mondo che ha smarrito il senso del lavoro manuale, dove ogni azione dell’uomo sembra sostituibile dalla tecnologia, adoperare colori e pennelli è una scelta controcorrente, come lo è l’accettazione di riti secolari, il lungo tirocinio in studio, il provare e riprovare cominciando sempre da principio. Fabio Romano è uno dei coraggiosi che hanno deciso di vivere per la pittura e nella pittura, rinunciando all’euforia del nuovo e sobbarcandosi la croce della memoria, del confronto con le icone del passato che, come asseriva il grande Lucian Freud, “sono così potenti che non si può neppure immaginare come qualcuno abbia potuto crearle o come potrebbero non essere mai esistite”. Roba da far tremare le vene ai polsi; tanto più che, nel suo navigare periglioso, il nostro pittore ha gettato in mare il salvagente del disegno aggraziato e ha puntato il tutto per tutto sul colore ad olio come equivalente della materia organica, fiducioso nella facoltà di questo mezzo di plasmare l’universo. Romano, in altre parole, non dipinge se non mediante dense e robuste pennellate, che si scontrano come duellanti sul campo di battaglia della tela. Tale conflitto interno alle figure fa presto a trasferirsi in corpo a corpo tra l’artista e il suo modello. Il soggetto, sia esso un uomo o un ambiente, non si offre infatti senza opporre resistenza; deve essere scavato, penetrato, spremuto nelle sue intime fibre sino all’ultima goccia di conoscenza: amara, poiché sapere è soffrire. E ciò avviene proprio poiché il soffrire, costringendoci a uscire allo scoperto, dimostra che de nobis fabula narratur, che la campana sta suonando per noi. Le città distese a seccarsi sotto il sole come i profili turbati, le mani grigie e ossute che Romano proietta sulla monotonia impassibile dei fondi non sono dunque che aspetti della medesima, rugosa realtà. Dipinta senza compiacimento, a tratti con violenza, come quando l’artista sorprende uomini nudi, privi di protezione in attimi in cui non vorrebbero essere osservati. O quando, con un moderno “taglia e incolla”, applica le piccole braccia di un giovane al busto di un altro, che assume l’aspetto di un rettile grottesco. O quando infine accumula una coltre di colore sul capo reclino di una donna, lasciando presagire la sua decollazione. Ci vuole coraggio per guardare al mondo con tanta onestà; Fabio Romano, questo pittore giovanissimo e di già consumata esperienza, ne ha quanto basta per convertirlo al suo antico ma attualissimo linguaggio.

        Andrea Guastella

 

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Io, l'altro, olio su tela, cm. 79x80, 2007

 

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Città n. 3, olio su tela, cm100x90, 2007

 

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(attraverso) Sara, olio su tela, cm. 50x60, 2007


  
 

 
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