PRESENTAZIONE Nel panorama della poesia americana contemporanea James Merrill è considerato da non pochi critici come l’autore più rilevante. E poiché, come si vedrà, in lui fare poesia significa esprimersi in una attività parallela alla vita e, in alcuni punti, incidente ad essa, la sua produzione è molto abbondante, la sua tematica vasta, la sua ricerca tecnico stilistica tra le più impegnate. Dalla pubblicazione del suo primo volume di versi (1946) ad oggi, Merrill ha al suo attivi undici dense raccolte di poesia, tre drammi, due romanzi. Ma soprattutto è autore di quella straordinaria impresa che va sotto il nome di The Changing Light at Sandover (1976-82), il poema di questo e dell’altro mondo, che qualche critico avrebbe voluto intitolato, nel suo insieme, Divine Commedie. Si tratta infatti, d’una sorta di Commedia dantesca che, sulla scia di Pound, tenta di esaurire la ricerca della verità, per la quale si avvale dei soliloqui con le “voci”evocate nelle sedute spiritiche, senza eludere, tuttavia, l’attenzione per le cose reali. Nonostante lo scandalo di un testo composto sotto dettatura, in un isolamento quasi maniacale dalla vita di tutti i giorni, la critica, messa da parte ogni preclusione ideologica nei confronti dei contenuti, ha incominciato a leggere i “messaggi” come originali metafore, e riconosce nell’opera il più grande viaggio nell’immaginario moderno compiuto da un poeta angloamericano. Se, durante la lettura del poema, ci si pone di nuovo di fronte all’asserzione di Fallace Stevens, secondo cui, “ scritti i grandi poemi del paradiso e dell’inferno, resterebbe ancora da scrivere il grande poema della terra”, una risposta potrebbe venire dall’ansia di “comunicazione” fra cielo e terra, che appunto rende umane e “fruibili” le voci ultraterrene, non essendoci, come diceva Santayana, “nessun ideale più nobile della comprensione del reale”. Il problema della scelta da tanto materiale è stato risolto presentando al lettore italiano esempi dall’intero arco della produzione merrilliana. Il traduttore s’è trovato coinvolto nel meccanismo dei complessi rapporti tra arte e vita, testo e traduzione, effusione lirica e polilinguismo, scrittura “confessionale” e scrittura automatica, ricerca di stile e riflessione metatestuale. E s’è mostrata indispensabile una collaborazione, in certi casi ravvicinata, tra l’interprete e il suo autore. Infatti, senza il contributo attento, generoso e paziente di Merrill stesso, molti punti, che mi auguro di aver reso chiari e pienamente godibili, sarebbero rimasti irrisolti e oscuri; e la traduzione sarebbe stata l’esito di un’operazione squisitamente testuale, anziché il risultato del dialogo fra due identità e due coscienze “permeabili”, per quanto distinte. Ringrazio infine Jack Hagstrom, che da vent’anni cura una meticolosa bibliografia merrilliana “in progress”, e che mi ha puntualmente tenuto aggiornato su tutto quanto avveniva nell’universo di Merrill e dintorni.
Andrea Mariani
Andrea Mariani è professore associato di letteratura angloamericana presso l’Università “Gabriele D’Annunzio” di Chieti, Facoltà di Lingue e Letterature Straniere di Pescara. Ha pubblicato saggi di letteratura comparata (Leopardi e Shelley, Merrill e Dante, Virgilio nella letteratura americana, D’Annunzio e R. Brooks), sui rapporti tra letteratura e arti visive (Whitman, W. W. Story, G. Stein, E. Carr), sulla poesia del novecento (Frost, Sandburg, Merwin), sulle immagini di Roma nel nostro secolo, e su alcuni momenti de’esotismo (J. La Farge, H. Adams, H. Gregory). Ha curato l’antologia Four American Fugitives: James, Wharton, Stein, Santayana (Napoli, 1982). Del 1984 è il volume Scrittura e figurazione nell’Ottocento americano da Greenough a Vedder (Napoli S. E. N. ) Ha in preparazione una monografia sulla scultura classica e neoclassica in Hawthorne, Melville, James.
|