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IGNAZIO APOLLONI: ABOUT BOOKS&BOOKS

 

 ABOUT BOOKS&BOOKS


My dear
Riesci a immaginare come mai sono arrivato in ritardo alla inaugurazione della mostra? Non credi che possa esserci stato un intoppo, di quelli da lasciarti senza fiato o impossibilitato a proseguire la marcia? Sai bene; ti avevo dato conferma; sarei venuto per farti sentire meno solo in un’epoca nella quale – or non è guari – si tende a passare alla lettura ciclotronica a mezzo di strumenti i più vari del tipo diabolico quali quelli inventati da Microsoft o Google per farti stare incollato al monitor mentre tu ameresti essere toccato, accarezzato, e infine letto (magari stando a letto e con le spalle poggiate alla spalliera) da chi ancora si inebria nel sentire il profumo della carta stampata.
È successo però che lungo la via (o se preferisci lungo il cammino: cosa diversa dal mezzo del cammin di nostra vita) mi è capitato di imbattermi in tafferugli tra forze opposte, alimentate dal fuoco sacro, che si richiamano alla grandezza dell’arte pura ed altre portate ad optare, in alternativa, per i libri impregnati di arte e perciò stesso chiamati libri d’artista. Sai come sono fatto. Da indifferente che ero in un primo momento alle loro diatribe (se la sbrighino loro!) sono quasi passato di lì a poco a vie di fatto perché mi sentivo prossimo a entrare in zona Cesarini: nel senso che se andava avanti così avrei perduto l’occasione di sparare, da starter, il colpo di avvio: Signori si entri! Meno male: quando si dice meno male. Tra quei facinorosi (da un lato) e i più miti (dall’altro, ma non per questo dalle miti pretese), si incuneano due mastodonti, simili a Ercole per la forza bruta che mostrano di avere; afferrano chi per il collo e chi per le gambe i più duri d’orecchio e li scaraventano al di là del guard-rail così liberando la strada da quella sorta di ostacoli. Ovvio che quanto sopra è accaduto in autostrada, nel tratto iniziale del viaggio da Palermo a Enna. Per colmo di sciagura in quel lasso di tempo i telefoni non prendono, non posso dunque avvertire del ritardo. Una volta in grado di riprendere la marcia eccomi sparato, velocità da circuito della morte, voglio assolutamente esserci ed anzi essere io a inaugurare la mostra che con tanta cura ha allestito una certa Anna Guillot. Ci sarei riuscito non fosse sopravvenuto un secondo intoppo del quale adesso ti parlerò.
Dici, digrignando i denti a questo punto, che non ti importa sapere altro; il malfatto è già fatto; il fallimento evitato per un pelo; la gente infatti è venuta e si accalca come fosse stata annunciata l’apertura di un negozio (e che negozio!) di saldi, oppure una fiera di beneficenza in cui il palio è costituito da un orsacchiotto di pelouche se riesci a colpire il bersaglio con solo tre palle.
Da parte mia ti rispondo, caro il mio libro, con uno: “Scusami, ma sei davvero un ingrato, ti toglierei il saluto non fosse che malgrado il tuo cattivo carattere ti voglio bene, e bene anche a chi si è sobbarcato (spaventoso il sobbarcato, diciamolo pure) un viaggio, per essere presente, chi dalla Norvegia e chi da una qualsiasi suburra di paese immancabilmente latino: ed ecco che questa lingua ritorna dalla finestra dopo essere stata cacciata dalla porta. Mi domanderai magari perché ce l’ho con il latino e non certo con l’inglese; mi chiedi una spiegazione dietro l’altra; insisti addirittura nel fare lo gnorri: povero cocco”!
“Ebbene, lascia allora che ti spieghi. Se io dico o scrivo I miss u (sia pure in carattere corsivo ma vivaddio niente latino) non c’è chi non capisca mentre se io dico vade retro non c’è nessuno che faccia un passo indietro”.
“Capito allora”?
Vedo che continui a fare il finto tonto. Forse la storia non ti calza o forse la tua è una posizione per partito preso. Sei così pieno di te, continui a pretendere di avere tutti ai tuoi piedi da non recedere di un millimetro. Eppure ti ho dato contezza (non male il contezza) della mia disavventura ed altre stavo per raccontartene per spiegarti il ritardo di un paio d’ore al mio arrivo – tanto da non avere trovato più salatini mentre le bottiglie vuote sono lì a dire che la gente ha gradito ciò che è stato organizzato con una tale cura da stupefare perfino i più scettici. Sfido io, viste le presenze di cinquecento e passa artisti; i discorsi che si sono fatti sul futuro tutto rosa dei libri di artista (niente chiaroscuri o bianco e nero cui invece ha voluto richiamarsi la Guillot); la crescita esponenziale di chi si cimenta in tale spazio – una volta ristretto, quasi catacombale – con opere le più disparate, non sempre all’altezza dell’Everest per dimensioni.
Mi domandi brutalmente chi sarebbero costoro; quale il risultato finale da me non troppo gradito ed io preciso che l’arte, tanto quanto il libro d’artista, richiede molto di più dell’improntitudine o di una scampagnata fuori porta: ci vogliono idee e premesse di grande spessore storico-culturale.
Ardisci a questo punto ribattere, diventi persino collerico, stai per mandarmi a quel paese perché la mostra di Enna ha ricevuto il tuo imprimatur prima di essere montata (ecco che ritorna il latino); non ci sono sbavature né figure di secondo piano.
Ed io: Ma figurati se intendevo parlare della mostra che ero stato invitato a inaugurare. Sappi che avevo ricevuto in anticipo le foto dei libri da esporre; prima ancora del taglio del filo di lana mi era stato consegnato il foto-folio con i testi della stessa Guillot e di Giovanni Fontana nonché le riproduzioni di un buon numero di opere. Chiaro dunque che il mio voleva essere un discorso ex cathedra (accidenti al latino, per quante volte è ricorrente).
La serata comunque debbo dire finì bene. La Mediateca affollata fino all’inverosimile con flussi di gente che si accalca per vedere dal vivo questo o quel fenomeno di artista – o al posto suo il lavoro creativo dello stesso; il fruscio e il frastuono da stordire perfino grilli e lucciole (ce ne fossero stati); la luna che fa capolino e si rallegra pure lei; televisioni a non finire e interviste a ripetizione; videoinstallazioni che lanciano messaggi subito tradotti in propositi di imitazione per rendere più fertile anche questo campo.
Finalmente debbo dirti chiaramente, caro il mio amico libro, qualcosa che aggiunge onore alla città di Enna: prolifica soprattutto per la competenza, lungimiranza e impegno di una donna: la già detta Anna Guillot.

16.3.08
Ignazio Apolloni

 

 
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