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A Nissa, città della Sicilia interna, del feudo e dello zolfo, tra il 1896 e il 1906 si svolgono memorabili lotte per il riscatto dei contadini e dei minatori. Il vescovo Ignazio Meli dà un vigoroso impulso alla linea sociale inaugurata da Leone XIII e rilancia il movimento cattolico incontrando, però, l’ostilità sorda e pervicace del blocco padronale massonico, interessato a non stravolgere l’equilibrio consolidato, e del clero, lacerato da aspre divisioni. Attorno a lui si fa terra bruciata; lentamente e sistematicamente si insinuano le infamie più aberranti al punto da spingere il Vaticano ad aprire un’inchiesta che si concluderà con l’allontanamento del vescovo dal governo della diocesi. Il romanzo ripercorre le fasi di un affaire torbido e inquietante all’interno di una realtà, quella siciliana, dominata da forze oscure e condizionata da relitti culturali che la condannano all’immobilismo bloccando qualsiasi prospettiva di cambiamento. A distanza di un secolo viene rievocata una vicenda realmente accaduta, e prontamente rimossa, che celebra il trionfo dell’impostura sulla verità.
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