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VIRGILIO ANASTASI: intervista ad ALBERTO SUGHI

 

E’ proprio un mercato disumano che stritola tutto e pesa negativamente sulla formazione dei giovani artisti.


VIRGILIO ANASTASI
Un tuo giudizio sulla situazione attuale in merito alla confusione che esiste nel mercato dell’arte.

ALBERTO SUGHI
La confusione esiste in tutti i campi e riflette il panorama culturale italiano. Siamo in un’epoca di transizione, di assestamento verso un mondo diverso di come ce lo avevamo immaginato. Le idee che abbiamo del “gusto” e della “chiarezza”è una non chiarezza rispetto all’idea che avevamo prima su cosa doveva essere chiaro. Un pittore come me e come altri della mia generazione sentono quello che sta avvenendo come qualcosa che distragga dalla riflessione, dal lavoro che gli artisti debbono portare avanti. Io credo ci siano in ciò alquante ragioni, forse anche l’incapacità di capire un mondo che ha preso un direzione molto nuova e diversa da quella che ci eravamo fatti.

ANASTASI
Ritengo che quanto tu asserisci sia verissimo.Volendo entrare nello specifico del mercato, della sua esasperazione che ha portato gli artisti stessi ad uno snaturamento di quelli che erano i loro desideri, le loro aspirazioni…

SUGHI
Il loro impegno…

ANASTASI
Il loro impegno, esatto.
Diciamo che all’impegno è successo un cedimento.

SUGHI
E’ anche chiaro, che una pressione del mercato è stato un accidente nuovo, nel panorama artistico italiano. E’ andato a determinare in modo anche negativo su quelli che erano i tempi di riflessione che l’artista deve  avere per immaginare la sua opera. E’ costato dei tempi molto stretti, veloci, perché il mercato preme. C’è la richiesta e c’è anche il pericolo di correre dietro alle mode, che vanno per un certo periodo e che poi si abbandonano. Poi se ne prendono altre. Forse un mercato disordinato,un mercato che, diciamolo pure, è volgare ed individua nel lavoro degli artisti una merce solo da vendere e consumare. In questo modo si toglie ai giovani la possibilità assoluta di poter esprimere qualcosa di vero.

ANASTASI
La tua riflessione fa pensare ai giovani artisti che lamentano una difficoltà d’inserimento. Secondo me è vero però  che i giovani vorrebbero bruciare le tappe, pensando all’immediatezza dei guadagni…

SUGHI
Si, ma non  credo che la colpa sia dei giovani. E’, anche, dell’uso distorto del lavoro dei giovani. I giovani si prendono, si reclutano per poterli spremere subito e poi gettarli da parte.
Essi soffrono di questo stato di cose, si abituano ad essere usati. Capiscono che attraverso la pittura si possono fare dei soldi: guadagnare.  E poi, appena credono di essere arrivati in qualche punto vengono gettati via per proporre altri giovani pittori. Questo non può essere buttato sulle spalle dei giovani pittori. E’ proprio un mondo di mercato disumano, che stritola un po’ tutto  e che penso pesi negativamente, soprattutto sulla formazione dei giovani.

ANASTASI
Lo so molto bene, appunto perché quelle tappe di cui parlavo prima, bruciate velocemente, sono quasi sempre la negazione della qualità del lavoro.

SUGHI
Certo, però, per parlare della qualità degli artisti bisogna parlare del mercato. Di quello che potrebbe essere giusto tra il lavoro dell’artista e la professione del mercante. Dovrebbe non essere disgiunto da una circolazione di fatti culturali. Però è anche legittimo che si costruisca un mercato, il quale sappia individuare e presentare delle opere vere. Ma, dentro al mercato intervengono spesso dei personaggi, che non s’interessano della qualità e del valore profondamente culturale che deve sapere avere un elaborato artistico e lo vedono unicamente finalizzato a un guadagno immediato. C’è questo cinismo di chi vede solamente soldi negli elaborati e fa un lavoro disordinato. Questi stessi operatori in fondo, nelle loro operazioni, lasciano un segno cinico e nient’altro. Invece, il grande mercato dovrebbe farsi carico, pur non tralasciando il guadagno, di dare agli artisti e ai committenti un sostegno necessario per un adeguato avanzamento.

ANASTASI
In sostanza tu concordi col mio enunciato. Io sostengo che la figura del mercante d’arte è completamente snaturata. Mentre ieri era un uomo di cultura oggi è spesso un avventuriero, un venditore di fumo…

SUGHI
Certamente il mercante d’arte è una figura necessaria non solamente nella vendita dell’opera ,ma spesso dovrebbe essere protagonista  della stessa produzione artistica. Così come gli artisti non rimangono se stessi se partono dalla bramosia di guadagni immediati, che li porta lontani dalla necessaria riflessione. Il mercato dovrebbe essere un supporto vitale alla produzione e alla circolazione dell’opera d’arte. In questa operazione c’è sempre la possibilità di guadagnare, tanto per gli uni quanto per gli altri. Ma è sbagliato quando si imbroglia da una parte e dall’altra. S’’imbroglia quando gli artisti lasciano la loro immaginazione per correre dietro alle vendite. Vengono meno al loro compito i mercanti, che non si battono per individuare gli artisti più seri da appoggiare ed invece adoperano le loro forze finalizzate esclusivamente ai guadagni. Il guadagno finalizzato a se stesso riduce l’opera d’arte a una merce qualsiasi che viene consumata e poi gettata via. La società che gira attorno a questi problemi ne può soffrire.

ANASTASI
Ti ringrazio, Alberto, poiché mi hai detto proprio quello che mi aspettavo di sentire da te.


Arte Club, Marzo 1982
 

 

 
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