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MIMI KHALVATI

 


LA DONNA NEL MURO

Sembra sciocco domandare perché  la murarono.
Hanno le loro ragioni. Era una donna e
allattava una bambina. La murarono e stava per
morire. Ma persino quando ipotizzarono che

di lei eran rimaste solo polvere e ombra
all’alba, all’imbrunire, negli intervalli
il seno sollecitato, ostinato come il timore
che dominava la vita del villaggio, il suo latte scorreva.

E la bambina succhiava al muro, spremeva
la dolcezza dalla pietra e crebbe
finché le crepe conobbero solo vento e malerba
e lei fu svezzata. Secoli fa.

 

FOGLIE DI VITE

Persino le foglie di vite striate dal sole
hanno foglie d’ombra
a loro attaccate.

Persino la vite ne fa pendere
alcune che sembrano due:
una foglia in cima
su una foglia d’ombra, l’angolo scivolato,
come fatture in duplicato.

Se restassi a guardare dall’altro lato
con la luce dietro di me,
non vedrei ancora
come la foglia in cima striata dal sole
potrebbe essere quella che non riesce
ad aderire al duplicato

invece di vedere
-restando dove sono-
che è l’ombra della foglia che non riesce ad aderire
e, non riuscendo,

è lei a dare a quella foglia l’apparenza di due
che son così, in due, più belle?

 

[Parlami come fanno le ombre]


Parlami come fanno le ombre
quando la luce filtra dai trafori di
un merletto bianco come la neve

stemperando su una superficie
i fori del ricamo in ovali
addolcendo i prismi in morbidi fiocchi.

Parlami come fa l’eco
stemperando, addolcendo
ciò che prima è stato detto duramente.

 

[E se avessimo mai vissuto al mio paese]

 

E se avessimo mai vissuto
al mio paese
avresti potuto chiedere
se ero mai tornata

se erano fresche le stradine
nel calore della siesta
se gli ambulanti chiamavano
se il gelso era rigoglioso

nell’incuria.
A chi posso domandare
dell’ombra del cortile
profumata de menta e gelsi.

così viva di presenze
quando non c’è nessuno
se non un sole cocente
e i grappoli d’uva, cinti da mura?

A chi posso domandare
per essere certa che un ritorno
mi faccia rimanere, per ricevere
i miei doni?

 

[T’amavo così tanto]*


T’amavo così tanto
che non sopportavo il pensiero
dell’acqua fredda su di te
che ti gocciolava dal mento, dalle mani

ti scendeva per il gomito
mentre sollevavi il volto al suono
dei passi. Attraverso l’acqua
mi sorridevi. Persino

quando mutò la stagione
e nessuno usciva dall’ombra camminando
per farsi bruciare dal sole
facevi scorrere l’acqua fredda-

com’erano fredde le tue mani.
In nessun luogo, mentre muta la stagione
ed io m’allontano dall’ombra
o dall’odore dell’ombra in una strada

senza sole, entrando e uscendo dall’ombra
degli alberi senza trovare
alcuna differenza, mai più qualcuno
chinando una testa

d’argento verso un rubinetto, susciterà in me
quel tipo d’amore che registra
sulla temperatura della pelle
ogni ombra di differenza.

 

*Dedicata alla figura della nonna in Iran


NOTIZIA


Mimi Khalvati è nata a Teheran nel 1944. Mandata a studiare in Inghilterra all’età di sei anni, ha rivisto la sua terra natia solo undici anni dopo. La sua attività letteraria è inizialmente legata al mondo del teatro, poiché ha frequentato il Drama Centre di Londra e ha lavorato come attrice e come regista al Theatre Workshop di Teheran, scrivendo nuovi testi e traducendone altri dall’inglese al farsi. In Inghilterra ha, inoltre, co-fondato la compagnia ‘Theatre in Exile’. Ha fondato a Londra la Poetry School, di cui è attualmente coordinatrice e in cui insegna scrittura creativa. La sua produzione poetica comprende ad oggi le raccolte Persian Miniatures (1990), In White Ink (1991 ), Mirrorwork (1995 ), Entries on Light ( 1997), Selected Poems (2000 ), the Chine ( 2002 ). Ha ricevuto l’Arts Council of England Writer’s Award nel 1995 e nel 2000 è stata Poet-in Residence presso la Royal Mail.

 

 
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