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MIMI KHALVATI

 

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Una elementarità biologica sostiene la poesia di Mimi Khalvati. Tale sostrato sembra appartenere, oltre che al bagaglio vitalistico e struggente della memoria, alla storia stessa del mondo, al suo accendersi nel fuoco, nell’aria, nell’acqua; al suo progredire nella arcaica scala dei valori dell’evoluzione. Ora giganteschi animali, ora uomini e, soprattutto , donne che amano, violentate, pronte a nutrire con il loro latte l’anima intera dell’universo, germinali esseri di una di una vasta incessante secrezione. Ed essa si trova così come in un pianeta oscuro, conosciuto e sconosciuto; è essa stessa ad essere evocata, a ritrovarsi immersa nel fluviale scorrere della storia, nel racconto della primaria geologia, nel travaglio di una nostalgia resa limpida dal discorrere sulle origini, a sognare il ritorno sempre prossimo e sempre distante. E qui il minimalismo si fonde alla mitografia classica: luce, ombra, fioche fiammelle di lumi dove la luna diventa, in Khalvati, una calda lanterna, e dove i giardini, l’intera natura, si vestono di abbaglianti torpori. Questo è lo scenario di Mimi Khalvati che Eleonora Chiavetta ha tradotto restituendoci nella pienezza della donna, l’umiltà dignitosa della poetessa, la fierezza del suo quieto verso cosparso di minuscole scaglie luminescenti.

                                                                                                                                  a. g.


A biological elementariness holds up Mimi Khalvati’s poetry. This substratum seems to belong not only to the moving and vital backeground of memory, but to the very history of the world, to its lighting up  in fire, air, water; to its developing on the archaic scale of values of evolution. Gigantic animals, now, men and, above all, women-women who love, are violated, are ready to nurture their milk  the soul of the universe, germinal beings of a vast endless secretion. And she is then on an  obscure planet, known and unknown at the same time; she is evoked, she finds herself submerged in the copious flowing of history, in the tale of primary geology, in the labours of a nostalgia made clear by its conversing with the origins; she dreams of an ever near and ever distant return. Minimalism merges with classical myths: light, shadows, dim flamelets, where the moon becomes a warm lentern and where gardens, the whole nature, are dressed by a dazzling torpor. This is Mimi Khalvati’s scenario, translated by Eleonora Chiavetta who gives us back, along with the fullness of a woman, the noble humbleness of the poet, the pride of her quiet verses dotted with tiny luminescent flakes.

                                                              
                                   a. g.


NOTIZIA


Mimi Khalvati è nata a Teheran nel 1944. Mandata a studiare in Inghilterra all’età di sei anni, ha rivisto la sua terra natia solo undici anni dopo. La sua attività letteraria è inizialmente legata al mondo del teatro, poiché ha frequentato il Drama Centre di Londra e ha lavorato come attrice e come regista al Theatre Workshop di Teheran, scrivendo nuovi testi e traducendone altri dall’inglese al farsi. In Inghilterra ha, inoltre, co-fondato la compagnia ‘Theatre in Exile’. Ha fondato a Londra la Poetry School, di cui è attualmente coordinatrice e in cui insegna scrittura creativa. La sua produzione poetica comprende ad oggi le raccolte Persian Miniatures (1990), In White Ink (1991 ), Mirrorwork (1995 ), Entries on Light ( 1997), Selected Poems (2000 ), the Chine ( 2002 ). Ha ricevuto l’Arts Council of England Writer’s Award nel 1995 e nel 2000 è stata Poet-in Residence presso la Royal Mail.

In copertina:
Peter Bartlett, Giardino mediterraneo, pastello su cartoncino, 2004.

 

 

 
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