
AL MERCATINO DELLE FAVOLE Leggo queste tavolette in un’umida mattina di gennaio 2006. Con un sottile umorismo sono brevi storie apparentemente inscatolate in un genere allineato in una ormai remota accezione di favola: una breve storia con animali parlanti con summa morale. Ma, come detta il costume, queste tavolette mescolano senza più pudori le carte delle immagini che circolano nella rete dei media: quella che sembra un’etica è un volontario disordine filosofico, quello che sembra una persona fiabesca diventa nel giro di poche righe un’altra persona, è un vago intreccio di mondi e azioni che non appartengono a nessuna cultura, storie sconosciute in cerca di un nuovo padrone e scrittore, che è sempre il lettore. Come, la domenica, nel mercatino degli oggetti usati intorno all’albero sacro di Palermo si trovano pezzi di case narrative scomparse: il falco e il fagiano con elfi e pezzi di corallo, il gatto nero che si addormenta sul carbone e finisce sul fuoco, la foglia di fico che ha la nota ambigua posizione nella tassonomia vegetale e corporale, la vitellina di latte che si avvia a diventare mucca pazza, il camoscio che si chiede se della sua pelle si faranno guanti o borse o magari bottoni. Le loro carte si mescolano in un crepuscolo surrealista: gli alpinisti scalano la montagna con le ali dell’aquila, la corteccia dell’ulivo si crepa e l’albero esala l’anima, il pollo sultano e colorato riesce ad accoppiarsi a una gallina, i due millepiedi attraversano un binario perdendo qualche scarpa, il formichiere aspetta invano altre formiche per fare una buona prima colazione ma chi ha tempo non aspetti tempo, il pipistrello ha in regalo una vista acuta e così perde le sue qualità, il tarlo incontra una tarma rumorosa che mangia soltanto stoffa, la volpe consiglia alla manina usata, come si sa, per grattare la schiena delle signore di dedicarsi a sfilare il portafogli, la vespa fa un bagno. E’ possibile vedere , sparsi su tappetini e bancarelle, animali e piante a tutti noti e odiosi. La faina che sparge goccette di odori per le galline che sfuggono a cani e galli per finire nella sua pancia. L’aquilotto che si getta giù a capofitto durante il suo primo volo. Il procione che mangia immondizia. Il gorilla che fa lo scimpanzè. Il fagiolo che dice di non essere una rapa, ma, si sa, si sbaglia di molto. Il gatto che crede di poter prendere le farfalle. La tartaruga che sogna lattughe dentro una pozza. La mosca che si perde in un bicchier d’acqua. La foglia d’ortica, che non vuole più urticare. Il serpente a sonagli che si vede soltanto in televisione. La vipera , che si sa, ha una brutta fama, ed è del tutto meritata, dovreste sentirla quando trova delle scuse per uscire la sera. Alcune bestie sono dalla parte nostra. Il geco sul soffitto sogna e cade. La coccinella sa di essere un portafortuna. La quercia ha ancora ragioni per esistere: ci sono tanti cinghiali e scoiattoli che si nutrono delle sue ghiande. La fata gira in groppa a una farfalla e non sa quante leggende trascina con sé. Il grifone raggiunge la terza età e capisce il valore dei ricordi. Il ghiro legge i giornali. Il folletto disoccupato abita soltanto in televisione. L’agnello cambia pelle, non si sa mai. Moby Dick ha perso il suo balenottero. Poi ci sono gli oggetti: l’orologio, la radio, il ventaglio, il piffero. Tamerici che ormai si leggono soltanto in d’Annunzio e si vedono in via Pascoli. In questo mercatino si aggirano perfino i bambini. Due di loro scoprono che il pari e patta è la migliore delle soluzioni. Insomma una metafora della gabbia di matti dove molti desiderano vivere a orari fissi o, almeno, imporli agli altri. Per questo il vecchio leone si è proprio scocciato e se ne va.
MICHELE RAK
Esopo, Fedro, La Fontaine: sono gli autori delle favole archetipiche, scritte con semplicità e chiarezza, che spesso lambiscono l’intento apologico, ma sempre senza boria e senza alterigia. E non è un caso che questo genere sembri caduto in disgrazia: troppo minimalista, troppo in punta di piedi per piacere a gran parte dell’editoria contemporanea. Ora, Ignazio Apolloni ha deciso di rispolverarlo, interpretandolo con una tonalità surrealista che a tratti scivola in un gioco stilistico lezioso, ma che regala anche ritratti suggestivi e pagine di autentico divertimento intellettuale. C’è il geco che sta sul soffitto e a forza di sognare cade; c’è l’agnello che si traveste da lupo e che rischia di essere sbranato; c’è il gallo che fa lo scimpanzé e la mosca che si perde in un bicchiere d’acqua. Delle favole per tutte le età, accompagnate da trentadue illustrazioni di Roberto Zito e prefazione di Michele Rak. Più che un libro per bambini, una raccolta da regalare ai tanti adulti che non sono mai cresciuti.
Filippo Maria Battaglia
Ignazio Apolloni, Favolette, Besa Editrice 2007, pp. 165, euro 15
Vedi in Letters di IPPOCRENE Ambra Carta, L'incanto ricreato
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