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L'ultimo nastro. Pasolini come Krapp. O Dylan. Dai “basement” dell’Italia in America spunta a sorpresa, sepolta sotto pile di ignavia e distrazione, un’audiocassetta del 1969 con la voce di Pasolini che risponde, mai svagato o impaziente, alle domande di Giuseppe Cardillo, direttore dell’Istituto di Cultura. E’ un’intervista destinata ai giovani, agli studenti e ai professori delle università: un colloquio a uso “interno”, ma lo scrittore, pensatore, l’uomo d’impegno mai si sente in diritto di risparmiarsi. Leggero, tagliente, implacabile, Pasolini si racconta e si “rilegge” senza sfuggire alle provocazioni, senza aggirare argomenti caldi o scabrosi – Dio, il sesso, la religione, l’adesione al marxismo, la critica alla sinistra “deviata” dalla purezza delle idee, il narcisismo, la poesia sua prima lingua, il cinema che fu l’ultima, l’Africa e il razzismo, l’America e il potere – e a tutto oppone la logica stringente e appassionata del “comunista sentimentale” (Moravia). Uno stralcio inedito di Pasolini “marxista a New York” (Fallaci), che ancora ci scuote con la forza del pensiero critico e la musica della sua voce. Come avesse vissuto il tempo che ci separa da quel tempo.
Luigi Fontanella
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