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VITO CAMPO, di EMANUELE SCHEMBARI

 

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VITO CAMPO


Vito Campo rinuncia ad ogni tipo di lirismo intimista e presenta una struttura inamovibile, priva di qualsiasi forma di spiritualità in modo da dare, emblematicamente e contemporaneamente, un giudizio sull'uomo e sulla società. La rappresentazione di tronchi bruciati, ognuno diverso dall?altro, nei particolari, ma tutti uguali, nella loro ieraticità, non è casuale, ma racchiude un discorso, assolutamente negativo, da parte dell?autore, relativamente all?opera distruttiva dell?uomo. Infatti la realtà fotografata è in posizione conflittuale rispetto a una società, che ha distrutto tutto ciò che ha toccato e che rischia di lasciare soltanto degli scheletri.
Al primo impatto con queste fotografie, di tipo monotematico,si prova una sensazione di angoscia. E? la stessa sensazione che si proverebbe di fronte a una serie di cadaveri o di ruderi. Sono immagini del trionfo della distruzione e della prevalenza della morte sulla vita. Anzi, la vita è completamente assente e degli alberi è rimasto solo lo scheletro contorto e bruciato. Il messaggio, quindi, è terrificante e, in questi scheletri di alberi, si raggruppano angolature emozionali e intensità di partecipazione, da parte dell?autore delle fotografie, in un perfetto connubio tra forma e contenuto, che potremmo identificare con la crisi dell?uomo e della sua società.
Campo, prima di dedicarsi alla fotografia, ha avuto una esperienza nel campo della pittura e, per questo quindi, riesce a trovare il nucleo dell?immagine, ponendola su un piano centrale, con una serie molteplice di rappresentazioni su un unico tema, privo di prospettive.
Intanto risalta un corredo più espressionista che realista da questi rami contorti, scheletri di alberi e simboli della fine dell?esistente, in immagini di impressionante emblematicità.C?è l?allegoria della morte, come conclusione di ogni esistenza, in un viaggio che ha attraversato la natura, dove si risolve lo scontro tra realismo e fantasia, in una conclusione tragica e definitiva. E le sagome dei tronchi bruciati acquistano varie forme, che sono soltanto apparenza e segnano il passaggio dal mondo vegetale a quello minerale, come allegoria del mondo umano, che è assente, ma di cui si conosce l?esistenza. E? l?immagine di oggetti che diventano astorici nella magica dimensione del non tempo.
Il discorso diventa, quindi, multidimensionale e si va dalla valenza ecologica a quella filosofica di tipo esistenziale, fino a all?aspetto etico e simbolico. Si tratta della rappresentazione del male sotto forma di rami dalle forme alienanti, di sagome mostruose, di figure contorte, di tronchi minacciosi e di forme tortuose e spigolose. E, dietro un discorso di tipo emblematico e simbolico, c?è anche un?indicazione morale, perché quello che erano alberi di carrubi e di olivi, che producevano frutti e, per questo erano fonti di vita, sono stati distrutti dall?opera criminale o involontaria dell?uomo e sono diventati tronchi bruciati, cioè elementi di morte.
Campo lievita ed espande la presenza visionaria e furtiva della realtà per sospenderla in apparizioni d?incidenza speculare, nella quali il reale espressionista, rappresentato dai tronchi di alberi bruciati, convive con i richiami di una sottolineatura etica e su un giudizio definitivo di negatività.


Emanuele Schembari

 

 

 

 

 

 
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