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LORENZO MARIA BOTTARI, di ELVIRA D'ANGELO

 

 

 

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L’errare inquieto dei miti

Un nuovo Efesto, Lorenzo Maria Bottari, che contrariamente a quello dei racconti mitologici, fa del mondo la propria fucina. Da questa si liberano creature dai colori ora della folgore, ora della tenerezza evanescente, ma sempre, tuttavia, soggetti all’azione ammorbidente del fuoco. I pigmenti, pastosi e densi, appaiono come sciolti, molecolarizzati e successivamente ricomposti da un’azione iterata ed energica per tramite della quale le forme e le figure, definite da campiture, si fondono con le linee di contorno che divengono, così, costruttive e plastiche.
Angelo e veggente – come lo definisce Alda Merini in una sua lirica inedita - artista prolifico mai pago del proprio girovagare tra i luoghi corruschi della mente e fra quelli contaminati della realtà, i cui odori, liquori e sapori intridono inevitabilmente il corpo della materia pittorica, Bottari è un pittore che ha sempre creduto nel valore dell’immagine, e ne ha sviluppato, in tutta la sua opera, la volontà iconografica contro l’iconoclastia dell’arte minimale e concettuale.

 

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