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SALVATORE LOVAGLIO, di LOREDANA REA

 

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SENTIRE LA NATURA

Noi altri Dipintori habbiamo da parlare con le mani
Annibale Carracci

Per Salvatore Lovaglio il gesto di depositare sulla tela segni di colore, sgocciolature di materia, velature di luce, per creare una superficie trepidante di sorprendenti vibrazioni, rappresenta emblematicamente la crescente emozione che si prova a ri-scoprirsi parte della natura, a muoversi in uno spazio abitato dal ritmo incessante della vita, quasi a sanare le fratture e superare le sconnessioni create da una quotidianità sempre più spesso regolata da altri valori. Il dipingere diventa così inevitabilmente la possibilità di arrivare alla radice delle cose, per comprendere se stesso e l’inesplicabile complessità dell’esistenza.
Il desiderio di sperimentare differenti potenzialità espressive, capaci di rafforzare le originarie premesse e di arricchirle con sfumature sempre diverse, in questi ultimi anni lo ha portato a scoprire l’incisione. Le infinite potenzialità ad essa sottese lo hanno completamente ammaliato permettendogli di affiancare all’istintiva irruenza del gesto pittorico il lento dispiegarsi dei segni attraverso la misurata calibratura delle morsure. L’articolata operatività manuale, in cui a dominare sono le lastre, le sgorbie e i bulini, gli acidi e le vernici, la pressione del torchio, la carta intrisa di acqua per accogliere ogni pur minima e controllata pressione, gli ha permesso di creare una nuova dimensione di ricerca, che della pittura conserva inalterata la prorompente energia e la sottile poesia e ad essa affianca la possibilità di modulare le emozioni in una gestualità più ricercata, sempre potente eppure scevra da forzature espressionistiche.
I tempi lunghi, inevitabilmente legati all’antica ritualità della pratica incisoria, infatti, nulla hanno tolto alla flagranza dei segni, all’intensità delle velature, alla rarefazione degli spessori cromatici, alla viscosa stratificazione materica, anzi semmai fosse possibile hanno aggiunto forza alla capacità di evocare con gli strumenti dell’arte la sconcertante e misteriosa semplicità del quotidiano rinnovarsi della vita, che continua a rimanere nucleo centrale dell’operatività di Lovaglio. Il foglio inciso si presenta allora come il risultato del difficile equilibrio tra azione e pensiero, tra istinto e ragione, tra immediatezza e riflessione. I segni hanno il carattere inconfondibile dei colpi ben assestati, il colore trapassa con sapienza da una densità vellutata ad una rarefazione aerea, mentre lo spazio si misura dialetticamente con l’infinito, per esprimere l’intensa profondità di un sentimento, che costruttivamente si confronta con l’utilizzo di mezzi espressivi elementari eppure complessi.
Come le tele, in cui le trame della materia cromatica ora fluidamente consistenti ora densamente liquide evocano la terra impastata di umori, il cielo traboccante di fulgore e l’acqua pullulante di vita, anche le incisioni, tutte realizzate in grandi formati con l’acquatinta, l’acquaforte e il carborundum per offrire il medesimo ampio respiro delle opere pittoriche, ricreano un baluginio di luce che ferisce gli occhi in quei pomeriggi estivi che sembrano non avere fine, il fremito di un campo che apre le sue viscere scure, il refolo leggero del vento che increspa un ruscello, a materializzare la sensazione di essere dentro la natura, di sentire e vivere attraverso essa il turbamento della totalità.

Loredana Rea

 

 
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