spacer.png, 0 kB
spacer.png, 0 kB
ELENA ŠVARC: SAN PIETROBURGO E L' OSCURITA' SOAVE; PRESENTAZIONE DI PAOLO RUFFILLI

 

Image

 

Al limite del crepuscolo è già comparsa la notte, si accalcano le ombre, il ghiaccio fruscia come un giornale… Il lumino della mente luccica, non si è spento “anche se svanisce il suo olio santo” e ormai trema la fiammella. I vari Nastas’ja, Terent’ev, Vlasij, Kolja si aggirano per le strade. Si sente il ghigno di demoni malvagi, che vagano e volano ovunque. Si sente il balbettio degli angeli, che si muovono anche loro nell’oscurità che avvolge il mondo, sfrecciando veloci con un luccichio che “incide la parete del giorno” e portando a tratti tra gli uomini il profumo del Paradiso. La presenza di Dio riaccende continuamente quella fiamma dell’amore insidiata dalla cancellazione alimentata dal vuoto. Tutto vola via come un uccello: il tempo, il vento e la vita. La gente morta di San Pietroburgo vortica tra i vivi come neve minuta. Ma contro un angolo rosso di cielo, nell’aria umida della primavera dopo il disgelo dei boschi e della tundra, ecco materializzarsi la sensazione che “l’eternità non è lunga”. Ognuno cerca se stesso, non sugli specchi o negli occhi altrui, non nelle lacrime o nelle parole. E cerca Dio, che appena ha sfiorato “la mano dell’anima”, rivelando il suo misterioso paradosso che è “più corporeo di tutti noi” che siamo “l’intaglio su una nube”. C’è tutta la Santa Madre Russia, in queste poesie: la taiga e la città, gli inverni imponenti e lo smisurato anelito della natura, l’inquietudine e la ricerca morale, la fragilità dell’individuo e lo spiritualismo, quella forte carica visionaria pronta a scommettere sulla nostra carne che “occorre impregnarla di fuoco” e insegnarle a vedere e a capire oltre gli abbagli dell’evidenza. Elena Švarc, dentro l’impianto metrico della tradizione russa, conduce una originale ricerca sul linguaggio, attenta anche alle inflessioni gergali, con grande potenza espressiva. Aliene da qualsiasi sentimentalismo e qualsiasi morbidezza, secche e nervosamente cadenzate, le poesie di Elena Švarc mantengono sempre un’altissima tensione emotiva perché tutte le situazioni, anche i gesti quotidiani più consueti, si trasformano in momenti di intensa drammaticità.

Paolo Ruffilli


Elena Švarc è nata a Leningrado, oggi San Pietroburgo, dove vive. Negli anni Settanta, ha frequentato gli ambienti letterari clandestini, dove le sue opere circolavano nelle edizioni samizdat. A partire dalla metà degli anni Ottanta ha pubblicato versi in Occidente, nelle riviste dell’emigrazione russa e poi in volumi a se stanti. Dal 1989 ha potuto pubblicare anche in patria e ha vinto numerosi premi letterari. Nel 2001 il Fondo di Brodskij le ha conferito un “grant”, grazie al quale ha potuto soggiornare in Italia. Tra le sue raccolte di poesie: Tancujuščij David (Davide danzante) 1985, Stichi (Versi) 1987, Trudy i dni monachini Lavinii (Le opere e i giorni della monaca Lavinia) 1988, Mundus imaginalis 1996, Stichotvorenija i poemy (Poesie e poemi) 1999, Sočinenija (Opere) 2002.


In copertina: Salvator Dalì, Machacha a la ventana, 1925

 
< Prec.   Pros. >
spacer.png, 0 kB
spacer.png, 0 kB
 
Web Design by Ugo Entitą & Antonella Ballacchino - Web Master by Miky
download joomla cms download joomla themes