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CARLA BEDINI di FRANCO SPENA

 

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Carla Bedini, KIM

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Carla Bedini, Regina piccola del Sud

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Carla Bedini, Spider Baby

 

 


LE INQUIETE DONNE BAMBINE DI CARLA BEDINI

 

C’è un momento, sulla soglia del risveglio, nel quale il tempo forse cerca una sua definizione; è ancora sospeso, e le coordinate che uniscono il giorno e la notte non sono state elise. In questa dimensione, che ti accorgi essere anche uno spazio, avvolti da un silenzio che ancora non si è aperto al mattino, continuano a farsi voce i sogni, ormai languidi fantasmi indeterminati e inafferrabili, forse incubi, insondabili presenze che non si riesce a riconoscere perché non completamente rivelate.
Oppure è il giorno che, invitandoci al risveglio, non ha completamente svelato gli angoli bui della notte che continua ad afferrarci con le sue mani lunghe trasformando in ossessione e incubo il turbinare delle immagini in un tempo non tempo che non è presente e non è neanche passato.
E’ proprio in questa dimensione tra presente e passato, anzi tra presenza e assenza, che Carla Bedini sembra collocare o cogliere, se si vuole, i personaggi delle sue opere, essi stessi rarefatti e inafferrabili svelati in un abbaglio di luce che li fa emergere dall’oscurità. O dall’interno di stanze nelle quali si collocano come presenze inquietanti. Sono donne, quasi simulacri barocchi che sembrano portare in sé la tensione della meraviglia che ne fa oggetto di ridondante visione. Se non fosse che al di là della sontuosità del loro apparire e della teatralità della scena e della posa, la meraviglia riveli anche quella sua strana componente di terrore alla quale a volte si accompagna. Poiché Lullaby, forse il nome della donna tante volte ritratta e che dà il titolo alla mostra, al di là della sontuosità del suo apparire, nel suo volto tradisce come una maledizione, portando con sé l’immagine di un tempo non ancora concluso, che rimane come inquietante traccia di memoria, che non vuole collocarsi nello spazio del passato che ormai le è proprio. I ritratti appaiono così come il contrario di quello di Dorian Gray, poiché condannati a rimanere impassibili icone di una fanciullezza eterna che diviene dramma e delirio, volti di bambina in un corpo adulto, icone impassibili che sembrano guardare lontano per scrutarsi dentro e forse per separarsi da un destino che le tiene prigioniere di una memoria arcana che sembra tenerle lontane dal tempo. 
I lineamenti dei ritratti infatti sono quelli di bambine, non ancora donne – fermi sulla soglia di una adolescenza che non va via e che rimane come traccia inquieta - in un corpo cresciuto che contiene i segni della seduzione, con gli occhi perduti sulle tracce di una ossessione, con uno sguardo che porta con sé non si sa se sgomento o quell’impassibile e impenetrabile atteggiamento che può rappresentare riflessione o indefinibile sofferenza; una ambigua  seduzione che appartiene alla grazia di un’infanzia che non ha ceduto il passo al tempo che tuttavia carica le figure quasi di un glamour provocante e misterioso.
A questo contribuisce anche la scelta di una pittura colta che gioca sulle atmosfere che rendono essenziale la scena pur nella sontuosità della posa, della descrizione, dell’assordante decorazione  e della cura dei dettagli. Una pittura che tratteggia quasi fotograficamente i ritratti e che contribuisce ad aumentare il senso di distanza e inquietudine delle donne che appaiono quasi bambole tragiche, che non riescono a vivere il tempo al quale appartengono connotandosi di metafisica assenza che non le rivela al mondo e alla vita. Carla Bedini conduce così un’analisi fredda all’interno di un femminile che si fa simbolo delle contraddizioni di un presente che lo costruisce, lo fa apparire e lo distrugge; un femminile sospeso nelle trame di un mondo negato a una realtà della quale mostra e mantiene i caratteri. E lo fa in maniera lucida, quasi scientifica, a partire dalla garza che a grandi quadrati riveste la tela e costituisce la base sulla quale dipinge, una superficie fredda e asettica, inquietante essa stessa, sulla quale si dipana una pittura dai toni caldi e accesi che esalta il colore che emerge dall’oscurità e che si rivela insieme con i personaggi che forma. Personaggi di una favola arcana che non raccontano di sé ma sembrano fare del mistero che li possiede le ragioni del loro manifestarsi in un teatro improbabile che determina il loro apparire o il loro anche tragico e possibile scomparire. Personaggi che sono “ragazze bambine”, come dice in catalogo Sara Maricchiolo, “fantasmi contemporanei, messaggere di un tempo e di un luogo che esiste solo all’interno delle opere”, che ci “guardano enigmatiche e misteriose, ci penetrano con forza e ci sgomentano per la loro assurda bellezza”. Ancora, “raccontano di una infanzia difficile, di sogni interrotti che sfociano in un’inquietudine costante”.
La mostra “Lullaby” è visitabile a Catania alla Side A - Modern Art Gallery in Viale Vittorio Veneto, 5/a e 5/b fino al 14 marzo.

                                                                                                         FRANCO SPENA
  

 

 

 
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