Espressioni come “L’ombra muta dell’isola lontana, il suo odore di grano e le sue alte mura sono un sogno nascosto in una mano”, o “Fiamme che tagliano il dolore e fermano il silenzio”, sono il filo rosso che unisce e separa il percorso fotografico della mostra “Rossofondo” di Marco Alemanno. Un itinerario nel quale la vita e il sociale sembrano raccordarsi o separarsi per rifugiarsi nei toni di un intimismo che pervade la sua ricerca. Marco Alemanno, infatti, nella sue fotografie sembra operare in una dimensione che si coglie pur nella varietà dei soggetti, in una atmosfera che elimina le distanze iconografiche e che diviene espressione che si carica di emozione.
E’ un filo rosso che, non solo attraversa materialmente le pareti della galleria Dietro le Quinte di Catania, ma che diviene metafora, parola che raccorda e riscalda come una fiamma sottile l’impianto iconografico della impaginazione della mostra.
“Il rumore del buio ora tace”, recita un’altra espressione scritta a mano sulla parete, aggiungiamo “per dare voce al silenzio”, il silenzio della luce che ora si adagia, ora si assopisce nell’ombra”. E nel cielo, se vogliamo, “cielo bianco come gesso”, o “cielo rosso di fine settembre”.
Tra queste indicazioni scritte a mano sulle pareti, tra questi itinerari espressivi, è il tempo, allora, che si coglie statico e immobile, o che si annulla nel silenzio metafisico delle immagini che sembrano riposare come icone immobili, rapite alla realtà che pur le mostra. Immagini che risultano reperti di una memoria lontana, segni di inquietudine anche che, purificati, hanno raggiunto il sogno o hanno perduto la direzione della realtà per vivere o contemplare un attimo che potrebbe non avere alcun riferimento. Anche quando il quotidiano permane o incalza come memoria arcana, incancellabile, incancellabile pur nei ritagli che l’artista ne mostra. Una realtà che sembra il punto di partenza verso le strade che conducono al sogno, un sogno rivelato, pur “nascosto in una mano”. Forse un segreto, come un’emozione che riscalda il cuore e non si vuole perdere, da portare con sé come qualcosa da proteggere e custodire, come l’immagine di una venditrice di palloncini sulla spiaggia che il vento spinge nella linea di un orizzonte lontano.
Marco Alemanno isola spesso dettagli, ritagli tolti dal contesto a cui appartengono, che acquistano autonomia espressiva nella silente contemplazione a cui sono sottoposti o all’impietosa analisi dell’obiettivo che li condensa in inattese soluzioni formali, o li carica di significati che dirottano il senso. Come i fanali o le lanterne che si stagliano su una superficie di cielo come monumenti immobili, la scala antica che taglia obliqua la composizione, il calice in una mano, il torso di una statua, una ruota di carretto appoggiata stanca ad un muro, una sedia abbandonata, i foderi di pistole allineati con stivali e borse di un probabile negozio che vende morte, gli elmi uno sopra l’altro sotto un rettangolo di bandiere che sembrano assumere il colore freddo della guerra.
E poi ancora ritagli di cielo, “cielo di cemento”, e il sapore lontano di qualcosa che vive al di là, in uno spazio che si coglie come eco di un discorso pronunciato a bassa voce, per non turbare la luce che protegge le immagini, per non rompere il silenzio che le anima.
Marco Alemanno, oltre che fotografo è, tra l’altro, coautore dei testi dell’album “Il contrario di me” di Lucio Dalla col quale ha recitato negli spettacoli  Pierino e il lupo e Arlecchino.
La mostra fotografica di Marco Alemanno è visitabile alla Galleria Dietro le Quinte a Catania, in via Carcaci, per tutto il mese di febbraio.
                                                                                                  
                                                                                                        FRANCO SPENA