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GUNTHER STILLING, di GIAN LUIGI CORINTO

 

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Gunther Stilling in Akragas/Sicilia


    Rocce e piante sono esposte alla tempesta, all’acqua che scende tra cielo e mare, al calore, al freddo, al sole e alla luna: minerali e flora affrontano pericoli e fonti di degradazione. Le piante si nutrono di rocce, metalli, risolvono il conflitto con la natura inorganica per creare scorze, rami, fusti, foglie, fiori, tramandano nel tempo caduco ed eterno le forme fatte di minerali e acqua. Il tempo, il suo scorrere ci interessa. L’avanzare della storia, lo scontro e l’abbandono di civiltà, di culture che si perdono e si ritrovano in luoghi che non erano contigui. 
    Il tempo è l’ultima punta della scia di energia che provoca crescita e sviluppo, imponendo degradazione materiale e ideale delle forme. Il tempo che scorre è la vita stessa che si svolge secondo un disegno. La realtà ha iscritta dentro sé la meta finale verso cui tende, per mantenere fede al programma di evoluzione, al suo programma interiore, che si manifesta tramite/dentro l’opera degli uomini.
    La pietra e il metallo hanno dentro di sé il proprio destino secolare che, solo a causa delle immagini che dai materiali sanno ricavare gli uomini, confermano l’esistenza di idee, di causa formale, di causa materiale, respiro vitale del fare artigiano. Il divenire del tempo, delle idee, delle forme, della degradazione, della costruzione, delle città e delle civiltà, si spiegano cercando la causa materiale e quella formale che danno effetto e fine all’azione umana. L’arista detta la fine delle azioni, lo stato di perfezione di oggetti che hanno raggiunto il/la fine. 
    L’artista è in grado di impedire il corso inorganico della materia e agisce contro la degradazione del calore, dell’acqua, dell’aria, unisce il grande conflitto tra il passato e ciò che è rivolto al futuro, ferma e rinnova di continuo la ragione fondamentale della sofferenza, del tragico, detta meglio dei pensatori la spiegazione del mistero del mondo.
    L’artista Gunther Stilling era animale, pianta, metallo e pietra, ma dimettendo progressivamente da sé la natura originaria, diviene egli stesso forza consapevole che il tempo non ferma. Era roccia, è diventato Efesto, con martello, incudine, fuoco, attrezzi e idee di immagini. Come il mondo interno, quello pensato, e il mondo esterno delle immagini sono in costante e reciproco rapporto, così l’immagine della classicità interna a Stilling cerca l’oggetto di proiezione, oggetti-reperti d’archeologo che costellano la sua immagine interna e la spingono a proiettarsi fuori. I due diversi e opposti punti di vista  sono egualmente veri, sono archeologia e contemporaneità.
    La forza dell’Artista è come/riassume la forza dei popoli che hanno eretto i Templi dorici di Akragas. Erano colossi di architettura, miravano al cielo, sono rimasti intatti come pezzi di pietra spezzata, attaccati dallo scorrere dei secoli, ma non vinti. La civiltà primitiva rappresentava le immagini con una completa e inconsapevole identificazione, poi la consapevolezza è maturata fino a collocare le immagini fuori da sé, dando loro forma e ponendosele di fronte. Gunther Stilling resta entro le immagini che crea e allo stesso tempo se ne pone fuori per contemplarle. La sua consapevolezza di scolpire inizia dall’elaborazione di un’ immagine primitiva, ma diviene vero e proprio confronto creativo con l’immagine sperimentata come esterna, traendo - lui plasmatore - dalla materia stessa la forza di plasmare.
    Il punto di arrivo è il massimo accordo possibile tra formazione cosciente e forza vitale dell’immagine interiore. La consapevolezza prende il sopravvento a discapito dell’originaria forza vitale dell’immagine e l’elaborazione artistica sembra fine a sé stessa ma - finalmente - termina con un’espressione estrema, che supera i propri limiti, interrompe le linee classiche, le frantuma, le ferisce, le lascia incomplete. Raggi di metallo attraversano i muscoli di eroi. Non è però mai possibile sentirla come artificiosa, ma come aspirazione a sposare forza meccanica e forme classiche, industria di profilatura e pensiero estetico, passato e futuro.
    Per incontrare passato e futuro non basta vivere il presente, occorre una vera migrazione che procura la collisione tra i continenti anima-pensiero e anima-terra, continuando il confronto tra le immagini classiche riconosciute dai secoli e le immagini classiche della contemporaneità. Collidono due complessi di immagini depositari di civiltà diverse, ricreando l’incontro agli albori di tutte le grandi civiltà, dando impulso alla rinnovazione della vita stessa; tutte le grandi civiltà del passato erano civiltà miste e mantenevano intatta la preoccupazione del futuro.
    Anche la Valle dei templi non è solo dono del tempo ma anche vittima del tempo e perciò la lontananza dei secoli equivale alla preoccupazione del futuro. La civiltà conchiusa - morta - non ha spazio per il nuovo, la corruzione del tempo finalmente apre lo spazio al contemporaneo, mantenendo la forza dinamica di salire e scendere, morire e rinascere, proiezione eterna nel corso della storia, passaggio continuo dal mare al cielo.
    Il Mare che ha sperso e riportato a casa Gunther-Odisseo. Il Cielo verso il quale si innalza il fumo delle fusioni di Efeso-Stilling, dio dell’opera umana che restituisce alla pietra minerale la durata vitale attraverso il rito magico dell’uomo artista.

 
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