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"TRASMUTAZIONE" DI DIEGO GUADAGNINO - RECENSIONE DI ELISA MANDARA'

 

    Sorpresa pregevole è l’iscrizione al registro dei poeti di Diego Guadagnino, avvocato canicattinese. Guadagnino esordisce con una silloge che raccoglie all’incirca un biennio di scrittura privata. La raccolta, di timbro primariamente esistenziale, edita da Libroitaliano World nel 2007, porta un titolo accattivante, Trasmutazione, immaginifico nella sua polisemanticità, e anche audace, evidentemente non assecondante la dominante prosastica delle estetiche letterarie contemporanee.
    Le linee estetiche del proprio percorso poetico vengono dall’autore programmaticamente collocate ed estrinsecate nell’ouverture della sezione che dà il titolo all’opera, lungo le due quartine di un componimento che suona come un manifesto, come una consapevole dichiarazione di poetica: «Se le sillabe qui disposte in rima / secondano la brama di chi scrive / vuol dire che son morte ancora prima / d’avere luce tra le cose vive. // Non voglio la parola che stupisce / e resta ferma a cosa vile e vana, / ma la parola, sì, che scaturisce / dal silenzio ch’è cenere di brama» (p. 23): nel rifiuto risoluto dei giochi funambolici, di sovente vacui, di una poesia che sia manieristico o barocco virtuosismo verbale, si coglie evidente la tensione ad un’arte ‘alta’, engagée se non nel senso storico, senza dubbio finalmente civile, un’arte che sia sedimento della personale vicenda biografica, che guardi pertanto alla universalizzazione del dettato, sgorgando da quel silenzio atto a macerare emozioni e pensieri.

 

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