I PENULTIMI GIORNI Non di ultima spiaggia si tratta, ma di impronte di sabbia portate dagli anni alla porta di casa. Arenile di attese, di dita nelle tasche a martoriarsi con le chiavi, continuamente a un passo dall’entrata. Ancora un po’ di tempo per sapere I moti di risacca e di marea; per metterci alle spalle, senza leggerne il finale, la predella istoriata.
Agosto 2007 Promettimi sale prima che ghiacci, prima che dei nostri anni a stento intrecciati scempio non faccia la strada. Fosse pure il sale degli occhi, un flusso involontario a cagionare l’aspersione, lascia che sciolga la placca. Ma se la tua scorta è esaurita e altra cui attingere manca, vedrai che più rapidamente di un asindeto mi farò andare. Dicembre 2006 Di nuovo a portarci via il fiato, a prendere atto di noi, di quanto ci manca, il fianco esibito più che scoperto. Ancora a capire che atto sia questo, su quale parquet moduliamo la voce, se rumoreggia la sala o le zanzare tra i muri di casa. Sempre a ferirci per darci soccorso, l’uno il gobbo dell’altro, il cruccio che siede di fronte ad ogni pasto. Gennaio 2007 Mai alla segnaletica iniziata, né ad altro culto o massoneria, a lungo sul ciglio ristai senza passare. Questione di piedi che partono male, di senso del tempo che latita o manca, del dubbio fatto certezza che attorno ci sia un leviatano e dentro una vita che affonda nel mare. Marzo 2007 Parlare al tuo viso inconsutile cercandovi segno di strappi, suture, asimmetrie della trama; capire al tatto l’incàvo e il convesso di ogni singola piega, cosa tutto rende impalpabile, e cosa tutto lega. Assoggettare alla giaculatoria le tue fibre coese, nell’attesa di un cedimento, una smagliatura da rammendare, anche senza ricami, per una volta insieme. Maggio 2007 Solo in questo plurimo morire, il comprendere amoroso diventa un risorgere [ Elmar Salmann ] Offrendo e mendicando l’uno all’altro ciascuno la sua propria identità assumerci il rischio dovremmo, di perderci nel disconoscimento e nel rifiuto. Sguarniti così di fronte alla grazia e disposti alla sua lacerazione avremo entrambi sulle labbra il sapore del mutuo rimetterci a noi. Luglio 2007 Fin che sui solchi del piccolo campo della nostra famiglia lacrimi il frantume delle maioliche, avrà modo sul bianco e solatìo, di riverberarsi il profilo della casa seminata e mai nata. Luglio 2007 Ancora dà pane a qualche famiglia il sempre più magro costato dei fiumi di Porto Marghera: resina espansa nei crepi del cielo che saldo, a suo modo, sul tetto di questa casa si tiene. Aspetta dietro uno scuro fuori asse la bocca di un pinnacolo la sera che entrambi si ceda alla tentazione di condividere soli la mensa e di lasciare che non si accompagni a ogni nostra resa diaria una diaria resistenza. Agosto 2007 Rimossi i vecchi e più recenti ingombri dalle scansie, ritorneremo ai muri la loro metratura originaria. Sotto il tinteggio non tarderanno a scomparire il profilo di anni imballati e l’odore di sgombre anse di casa. Allora solamente deporremo, passati a solvente e sciacquati con cura, gli utensili a svernare. Settembre 2007 FIGLIO Anni affannati a cercare riparo dalle reciproche buone intenzioni, precederle dove non agiranno, i petali sfogliando di un’inintellegibile rosa dei venti. Stentatamente serbare ogni mese Il lasco tra affitto e salario, mantenere la presa salda sui quattro progetti rimasti, vigente l’intento di perderci e mai recuperarci. Sulla più fonda delle infiltrazioni di queste mura vita ha preso un piccolo ramo: si ninnola alle nostre tramontane dando in dono grazia agli sbagli. Tutto è più facile E chiaro, quanto resta dea scontare. Maggio 2008
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