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SEBASTIANO GATTO

 

 

I PENULTIMI GIORNI


Non di ultima spiaggia si tratta,
ma di impronte di sabbia
portate dagli anni alla porta
di casa.
Arenile di attese,
di dita nelle tasche a martoriarsi
con le chiavi, continuamente
a un passo dall’entrata.
Ancora un po’ di tempo per sapere
I moti di risacca e di marea;
per metterci alle spalle, senza leggerne
il finale, la predella istoriata.

Agosto 2007

 

Promettimi sale prima che ghiacci,
prima che dei nostri anni
a stento intrecciati scempio non faccia
la strada.
Fosse pure il sale degli occhi,
un flusso involontario a cagionare
l’aspersione, lascia che sciolga
la placca.

Ma se la tua scorta è esaurita
e altra cui attingere manca, vedrai
che più rapidamente di un asindeto
mi farò andare.

Dicembre 2006

 

Di nuovo a portarci via il fiato,
a prendere atto di noi,
di quanto ci manca, il fianco
esibito più che scoperto.
Ancora a capire che atto sia questo,
su quale parquet moduliamo
la voce, se rumoreggia la sala
o le zanzare tra i muri di casa.
Sempre a ferirci per darci soccorso,
l’uno il gobbo dell’altro,
il cruccio che siede di fronte
ad ogni pasto.

Gennaio 2007

 

Mai alla segnaletica iniziata,
né ad altro culto
                        o massoneria,
a lungo sul ciglio ristai
senza passare.

Questione di piedi che partono
male, di senso del tempo che latita
o manca, del dubbio fatto certezza
che attorno ci sia un leviatano
e dentro una vita che affonda
nel mare.

Marzo 2007

 

Parlare al tuo viso inconsutile
cercandovi segno di strappi,
suture, asimmetrie della trama;
capire al tatto l’incàvo e il convesso
di ogni singola piega,
cosa tutto rende impalpabile,
e cosa tutto lega.
Assoggettare alla giaculatoria
le tue fibre coese, nell’attesa
di un cedimento,
una smagliatura da rammendare,
anche senza ricami,
per una volta insieme.

Maggio 2007

 

                        Solo in questo plurimo morire,
                        il comprendere amoroso diventa un risorgere
                                                                   [ Elmar Salmann ]

Offrendo e mendicando l’uno all’altro
ciascuno la sua propria identità
assumerci il rischio dovremmo,
di perderci
nel disconoscimento e nel rifiuto.

Sguarniti così di fronte alla grazia
e disposti alla sua lacerazione
avremo entrambi
sulle labbra il sapore
del mutuo rimetterci a noi.

Luglio 2007

 

Fin che sui solchi del piccolo campo
della nostra famiglia
lacrimi il frantume delle maioliche,
avrà modo sul bianco e solatìo,
di riverberarsi il profilo
della casa seminata e mai nata.

Luglio 2007

 

Ancora dà pane a qualche famiglia
il sempre più magro costato
dei fiumi di Porto Marghera:
resina espansa nei crepi del cielo
che saldo, a suo modo,
sul tetto di questa casa si tiene.

Aspetta dietro uno scuro fuori asse
la bocca di un pinnacolo la sera
che entrambi si ceda alla tentazione
di condividere soli la mensa
e di lasciare che non si accompagni
a ogni nostra resa diaria
una diaria resistenza.

Agosto 2007

 

Rimossi i vecchi
e più recenti ingombri
dalle scansie,
ritorneremo ai muri
la loro metratura originaria.
Sotto il tinteggio
non tarderanno a scomparire
il profilo di anni imballati
e l’odore di sgombre anse di casa.
Allora solamente deporremo,
passati a solvente e sciacquati
con cura,
gli utensili a svernare.

Settembre 2007

 

FIGLIO

Anni affannati a cercare riparo
dalle reciproche buone intenzioni,
precederle dove non agiranno,
i petali sfogliando
di un’inintellegibile
rosa dei venti.

Stentatamente serbare ogni mese
Il lasco tra affitto e salario,
mantenere la presa
salda sui quattro progetti rimasti,
vigente l’intento di perderci
e mai recuperarci.

Sulla più fonda delle infiltrazioni
di queste mura
vita ha preso un piccolo ramo:
si ninnola alle nostre tramontane
dando in dono grazia agli sbagli.
Tutto è più facile
E chiaro, quanto resta dea scontare.

Maggio 2008

 


 

 
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