Livio

Lombardo

Lombardo

Livio

Livio

    Guardando al corpus delle opere di Giuseppe Livio e di Giuseppe Lombardo, balza netta la loro autonomia espressiva, sia sul piano tematico, che su quello formale dei linguaggi impiegati.
    Un filo rosso, intravedibile in filigrana, corre però trasversalmente le tele di Livio e Lombardo, costituendo un ideale terreno di incontro tra i due artisti. Se contestualizziamo difatti queste due personalità entro il quadro ampio della Sicilia figurativa, della sua storia, pure, è palese come, sia pure lungo itinerari individuali e reciprocamente indipendenti, Livio e Lombardo abbiano perseguito l’ideale di un’arte ‘militante’: dopo la stagione barocca, straordinariamente feconda e nuova, sebbene ricettiva delle suggestioni e degli stimoli romani e napoletani, l’arte siciliana vive momenti frequenti di resistenza allo svecchiamento dei moduli autoctoni, perduranti fino al Novecento. L’insularità, che comporta nel siciliano la dialettica tra fuga e nóstos, tra claustrofobia nei confronti dei confini geografici e culturali della madre Isola e claustrofilia, ossia desiderio di non recidere le proprie radici, si fa spesso limite, quando declinata nella riluttanza dell’artista a importare modelli estranei alla natura e alla sensibilità meridionali.
    Livio e Lombardo fanno evidentemente parte di quella schiera di artisti che non hanno imbrigliato e costretto la propria espressività entro i confini corti della cronaca isolana, né nei clichés ottonovecenteschi, riuscendo pure a doppiare la tradizione decorativa, linfa essenziale della creatività isolana, nel segno di uno sperimentalismo contenutistico e formale che fa di loro, si diceva, due artisti ‘militanti’.

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