* Ma su legni di spiagge dove non scendo, appare la tentazione del mare, tu che più non ricordi e io non ricordo con te, non ricordo se l’altra pace è persa e il sole trafigge e vano.
Dal bordo la terrazza mi trattiene. Tu profumi. All’ombra mi cerchi, io cerco il me di ieri. Ora dirai la figura che trattiene me di ieri, soltanto. Scendi perché non vuoi altro, ma sotto, più sotto dell’abisso non andiamo. La lama dell’acqua, ci trattiene l’acqua, il timore di perdere la vista, perché, vedi, in tutti questi anni la casa non è cambiata, ma il mare ha occhi e memoria e tutto è dentro, è finito dentro ed è per noi, per dimorare nel cuore, quando così lontane sono le cose. * Del mare di dentro solo scaglie, frammenti rozzi, mentre fuori imperversa il tifone e la scia si fa lunga sulla strada. É la prima volta e scendiamo ignari come a rimaneggiare vecchie cose, legni, ami appena visibili nella sera. * Ma il mare è nella barca, il legno dei giorni passati, appena ieri forse, amore, dentro il tuo cuore rosso, come la bocca, la parola d’incanto, il soprassalto, la linea dell’orizzonte. E siedi, la testa bassa io ti colgo così e il mare in lontananza che respira. * Giunsi al duetto preparato, con l’onda di folla, i remi abbandonati sull’acqua ferma. La testa, niente di nuovo, io fermo nell’insenatura senza pensieri. Io fermo ad aspettare che la notte mi portasse consiglio. E l’acqua ancora ferma e stagnante, il caldo afoso e nessuno con cui parlare. * L’acqua era di un azzurro scuro, adesso, così scuro che pareva violetto. E. Emingway, Il vecchio e il mare
Ma quali anime ormai per terre e per mare. Non più le stesse, diceva, Nell’acqua era un riflesso, una grinza di spugna imbevuta, l’incendio negli occhi e nelle mani. La sola morsa nell’aria bastava. Ma quali spazi e ricordi se non la pesca miracolosa, il tentativo più volte andato a vuoto. E all’improvviso oscillò nel mio ricordo notturno: stava per cadere nel sonno per nulla dietro un miraggio di sentinelle, quell’aria che gli mostrava la giovinezza e tutte le forze a un bivio o un lungo incanto senza contorni, là dentro il tempo più lungo della sua storia. Abbi fede. Tieni in vita la conchiglia e il sasso per me qui rinchiuso in città. Ti vedo sparire di tanto in tanto, poi torni con un nuovo messaggio di sole. * La nave era come una creatura viva gettata alla ferocia della folla: terribilmente urtata, percossa sollevata, ricacciata in basso, aggredita con balzi. J. Conrad, Il Tifone Volati nel tempo di bordo, la nave ha un sussulto che è umano. Fa paura ora ma tutto è salvo, bastava un niente nella notte, bastava che qualcuno parlasse, i nervi tesi e senza un riparo, nemmeno uno che fosse vicino. È nel buio più profondo, ma sapevo, tu lo sapevi: raggomitolati per prendere fiato in preghiera che finisse. Tu fino alla fine, certa, incrollabile,. E la rotta schiude nuovi margini. Non avevi paura per noi, ma per gli altri. Noi no, navigavamo, navigavamo da tempo. Ma per gli altri che non conoscevano il mare. Fosti il faro della saggezza quando la mia lampada tremò, quando chiusi gli occhi e mi ritirai senza sapere perché. Aspetto con pazienza il tempo della traversata. Ecco il fiato del faro su di me e l’onda che mi porta a riva.
* Piove a dirotto e là sullo scoglio dei miei segreti c’è tutta la solitudine del mare. Sì, eccomi piccolo e solo mentre mi giro intorno, amore. Sai la fatica delle parole che ritornano a frotte nei giorni della conta e del destino segnato. Inseguo l’altra faccia della medaglia, la lieve incrinatura del legno.
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