ANGELO CHE MI PASSI ACCANTO
Per cominciare dirò dei pronunciamenti del tempo che si arresta al trapasso e al farsi forma di un pensiero. Dirò della meraviglia e anche del terrore del fascino del vuoto che mi prende e sorprende quando si frantuma il programma e i pensieri si spezzano per farsi vuoto del cuore. In quel niente che si illumina senza dimensioni e senza storia scorrono nell’attimo gli anni e dilato le regole del tempo che non riesco più a cogliere.
Di cosa potrà stupirsi il giorno se la notte non gli offre l’incipit del mattino. E ancora, per cominciare, moi meme, predispongo gli incensi e gli oli e le candele da accendere al passaggio che mille volte ho atteso per farmi transito travolto e avvolto dall’angelo che avanza mi trapassa e abbandona. Ma com’è che appare e fugge via la sua voce che m’investe e già è lontana e inafferrabile. Tra la mente e la mano che si porge si annuncia e già non c’è il flusso che mi rode e corrode. Mentre sbordano sguardi per la stanza respiri fatti vapore danno infinità alle pareti che si sciolgono al passaggio. Ti prego, spezzami il cuore esploderanno indicibili essenze ti macchieranno gli occhi ti azzurreranno l’orizzonte e i muri diverranno giganti alfabeti. Per accogliere l’invisibile disegno della geografia delle stelle della lunare coscienza della grazia inafferrata che non posso neanche io catturare. Angelo che mi passi accanto slegami afferra il mio sguardo e trascinami anche se non ho più voglia di vedere fammi voyeur di cose infinite e stregami. Azzurra questi solchi scavati dove sprofondano i miei passi e libera i centauri dagli occhi dolci e inventa ponti tra le stelle per avvicinare le galassie. Ma tu non mi vuoi accanto angelo cieco ti conduco io per mano verso la mia buona volontà verso quella grazia che mi porto addosso e ti offro il mio respiro per non farti precipitare e ti offro la mia pelle che ti possano vedere se vuoi la mia voce dimmelo anche se sei apparso per tacere. Anche io apparirò smarrito su una nuvola che il vento accompagna fra sperduti orizzonti ove navigano incorrotte le nascite che tornano a farsi pensiero ove trovo le parole, io poeta, che fanno leggeri i passi mentre libero l’anima. Tu graffi segni notturni alle pareti ed io scorro con le dita tracce consegnate all’eterno. Divina scrittura è la coscienza che fa cantare le mie mani e che riscalda profondamente il cuore.
Parla, voce che si sprigiona da questi segni di terra ricomincia a cantare e trova un posto per me fra le tue strofe. Fai di me un pensiero e concludi il mio discorso piano piano a finire.
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