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GIORGIO MANNACIO

 

 


APPARENZA E CERTEZZA


Declinante aquilone
di quest’ora, tra tutte la più quieta,
da fuori conduce
un altro suono, cede
al brontolio del tuono
voce di risorgiva per compieta.
Il vento ha troncato il filo, spento il fuoco del giorno,
dentro resta il profilo
di una bambina intenta al suo gioco.
Così l’apparenza
non ha altra cura
o altro tempo da dedicare.
Serra le sue difese in un alone di luce
che non può tramontare.


ENGRAMMA


C’è una finzione: che la memoria sia
una sorta di incrinatura
oopra uno specchio completamente terso,
quindi un’imperfezione, quasi una malattia
che il tempo inesorabile ha disperso.
In questa condizione vive, sta incatenata
e non vuole guarire
perché il pensiero che non rimanga
alcuna traccia
dell’ombra fuggitiva che tendeva le braccia
per lei è morire.


ENTROPIA


Di quel delitto atroce,
di quegli atti meschini e innominabili
solo un ritratto fu testimone
e non ha voce.
Il giudizio del tempo, lento e distratto,
sa mettere d’accordo
vittima ed assassino,
il boia che ride
e il pianto senza ritegno di un bambino.
Infinito disordine si cela
nell’apparente uniformità della polvere,
la sua multiforme, poco indagata origine.
Fu, forse, anche vertigine
di capelli disciolti in giochi e danze
o annodati con fiori, anime strette
in vesti di seta
inseguiti e strappati nelle stanze.
Ora non ha più suono
lo strato grigio, indifferente
e rimane un messaggio mai chiarito,
ultima traccia,
la frase del giudizio e del perdono:
quando ritornerai tra le mie braccia.


L’ENIGMISTA


Basta saper attendere e tutto si compie.
Mio padre, ieri, è impazzito,
oggi sorride al sole.
Mio figlio ripartito da lontano
oggi ritorna.
E di lei che ha sfogliato ogni minuto fiore
oggi possiamo dire che fu amore
Nei crittogrammi le figure appaiono
in un ordine fermo e lieve:
una donna, sciolti i capelli, ride
accanto ad una tomba
e un bambino corre sotto la neve.
Il senso è una piccola frase
nella nascosta trama dell’immagine
Trascorso il tempo
di questa breve e inconsistente indagine
si guarda indietro e si crede davvero
che ogni cosa sia chiara, senza mistero.


LEZIONE D’ANATOMIA


Neppure lui riuscì, demone o mago,
a imprigionarla dentro un lenzuolo
(sorridevano gli angeli a Mons passando
tra le nuvole sui covoni
dei cadaveri stesi al suolo)
Come cantavano le fontane
e occhieggiavano le labbra rosse
aperte suadenti
le angurie sul letto di ghiaccio
e le puttane sui carboni ardenti
Come per caso riafferrata ancora
sulla coda del vento
stringendo il suo compagno gli diceva:
no, non lasciarmi mai
(lei, l’immortale)


OLTRE LA GEOMETRIA


Lo spazio è soltanto una delle occasioni
offerte al pensiero
e qui la Fortuna che ha perso il sentiero
si ferma e contempla le declinanti stagioni.
Rende un diverso aspetto
il suo sguardo bendato
a un taglio di luce, al profilo di un tetto
a un angolo d’ombra, una stanza.
Non ha bisogno di alcuna misura
il sortilegio dell’apparenza,
la sua illusione
nel tempo della domanda e dell’attesa,
del senso d’ogni emozione.