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VIRA FABRA - ULTIMI TATTILI AI MARGINI DELLA MEMORIA

Viaggio ironico tra i reperti di un’avanguardia che fu.

 

Esorcizzare la Paura sublimandola nell’Arte. È un progetto plausibile? L’Intergruppo di Palermo, ala secessionista dell’Antigruppo (che continua felicemente ad operare in quel di Trapani), ha liberato Paura ed Esorcismo in un audiovisivo che è stato presentato a Villa Pantelleria: «Ultimi tattili ai margini della memoria», di Vira Fabra, con commento critico di Francesco Carbone.

Si parte dall’effigie scheggiata della leonardesca Monna Lisa per individuare nella morte della scrittura l’apocalisse di alcuni valori culturali. L’avvento della telematica coinvolgerà anche l’Arte, naturalmente, e l’autrice tenta un primo approccio col Dopostoria.

Scrivere per immagini sembra intanto l’approdo più vicino per la nostra salvezza: un’azione politica, se vogliamo, ma non un’azione «da politici». Ci si rifugia, quindi, con la geometrica scansione delle diapositive su uno schermo argenteo, nel ricordo dell’esperienza culturale che Intergruppo ha già vissuto e sta vivendo.

Ritagli di giornale, vecchie fotografie, carteggi privati, sculture in legno, riunioni conviviali, brindisi in trattoria.

Singlossia, la chiama Ignazio Apolloni, che di Intergruppo è il più autorevole ispiratore. In realtà, «Ultimi tattili» è anche un contributo storicizzante alla comprensione dei malanni del nostro tempo. Lo schermo inquadra sia i lucidi contributi di Mario Rosolino, su queste colonne, per una classificazione razionale dell’avanguardia, sia gli echi tristi della cronaca, gli omicidi di questa Palermo, i crimini della Storia, le guerre, le rivoluzioni, le schiavitù, i peccati, gli errori che l’uomo si trascina da sempre.

Il cartiglio finale è agghiacciante: Universo 2000 = Paura. Vira Fabra ha un bel gusto dell’impaginazione, i suoi materiali vivono e palpitano nell’impatto con la parete di stoffa, e l’audiovisivo assume una sua vibratile cadenza filmica.

Il progetto di «abitare la vita», ed occuparci solamente e gelosamente dei fatti nostri, è osteggiato con strisciante cinismo dall’enfasi dei giorni comuni, dall’inutile retorica che ci piove addosso ad ogni gioco di telemanopola: la nostra coscienza di cittadini, i diritti dell’uomo. Che senso hanno queste formule vuote? Come Antonioni nel finale di «Identificazione di una donna», anche gli autori di «Ultimi tattili» si chiedono: e dopo?

 

Gregorio Napoli

 

(Apparso sul Giornale di Sicilia del 17 gennaio 1984).