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IL BULINO DI SELCE di UGO ENTITÀ - presentazione di ROBERTO SEVERINO

 

 

 

IL BULINO DI SELCE di UGO ENTITÀ – pag. 80 - Libroitaliano Editore – 2004 collana Zèphir

 

 

 

       Sin dalle prime battute la poesia di questa silloge si caratterizza per la sua efficace incisività: un sapiente e ispirato pecorso esplorativo della condizione umana, carico di valenze epiche e mitiche in cui nel dato personale è facile riconoscere il comune percorso esistenziale. La sensazione immediata che se ne riceve è quella di essere presenti ad un’opera della maturità del poeta, con tutti i suoi percorsi e collaudati ricorrenti poetici e le molteplici variazioni tematiche che la vita propone ( “…Nuotiamo,…Al largo / Senza indizio di riva…”, Solo nel moto, “Accosto i padri / Sostiamo all’Eretteo / Perenni viandanti / Solitari di tutti i tempi…”, Acropoli ). Sul piano della forma si rileva un imagismo che sorprende (“…La balestra del mare / Scaglia / Onde lunghe e nuvole…”, Solo nel moto ), e che prende corpo in una estrema musicalità del verso spesso costituito da onomatopeie che rendono udibili le immagini evocate (“…Di questo Sud / Di specchi di frangenti / Danzanti sui ciottoli di rive / Snodate nel deserto delle curve…”, Nelle nuvole ).

 

       Oltre all’assoluta padronanza del mezzo espressivo e al sostenuto registro lessicale che contraddistingue la sua poesia l’altro dato che da subito colpisce il lettore è la mutabilità e riconducibilità dei sentimenti e passioni che da essa traspaiono attraverso il fondamentale rapporto dialettico tra essenza e apparenza (“…Dietro absidi scolpite nelle dune / Iscrizioni dell’attimo segnate / Dai cuneiformi zoccoli leggeri…”, Pietra sacrificale ). Tema questo peraltro già caro agli antichi, da Platone a Erasmo a Montagne, e che si esprime nella sintesi poetica e filosofica propostaci dal poeta, come anche nelle sue personali riflessioni, nei conflitti e nei suoi totalizzanti e “ancestrali” legami con l’eros: ( riconducibili talora ad eros e tanatos, ma anche a quei miti cosmogonici che collegano la figura del serpente alla creazione ), (“…Scivolavi nel fiume / Del mio letto / E di spire mortali / Mi avvolgevi. / Gioco / O preludio di morte…”, Anaconda) una sorta di foscoliana contaminatio tra la virtuosa destrezza espressiva e un romantico ma non per questo meno vero sentire simbolico ai margini di un incontro tra post- neoclassicismo e post- illuminismo (“…E il sogno / Era un gomitolo di luce / Che nessuno tesseva. “, E il sogno).

 

       Alla fine, tutti questi elementi si ricompongono in un duplice percorso poetico di cui l’autore si impadronisce ed ipotizza per sé, e in un complesso ordito se da un lato esplicita lontane ma sempre attuali valenze classiche ( “…Che culla ti fu di morte / E conoscenza estrema? / Andò perduto il plettro / Al trarupare…”, Empedocle ), dall’altro evidenzia una personalissima fabulatio poetica calata nel presente che si ricollega idealmente ad una scrittura gnomica e icastica appartenente al una alta e già consolidata tradizione,

      

       La chiave di lettura di questa raccolta di liriche va ricercata dunque, nei motivi ricorrenti dell’opera di Entità, in quella continua metamorfosi di voci armonizzanti o dissonanti, ma facenti capo ad un’ unica, ispirata, interpretatio compositiva e concettuale che ci consente di collocare la sua poesia in un contesto caratterizzato dalla variazione e dal guizzo, talora metafisico, dell’identico, della reiterazione e modulazione, cioè, di consonanze tematiche e poetiche tese all’approfondimento dei perenni, essenziali percorsi della vita ( “…E restiamo comete / A circoscrivere ellissi / In pagine di giorni / Dove la storia è inscritta / Della nostra presenza. “, Della nostra presenza )….Ciò che rende peculiare questa poesia è il surreale (“…l’attesa è vana / Di una bava di sole / Che scivoli nel cuore della biscia…”, Stagno, “ Lacrime covano spesso agli occhi di templi / E non gemmano mai…, Non tornano eroi ), ma anche la sintesi imagistica tra introspezione e psiche (“…Nascono mosti di inquietudine / Ed affanni… / Nella stiva dell’io”…, Nudi affanni ).

 

ROBERTO SEVERINO – Washington, D.C.