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FERENC JUHÁSZ

 

Sulla tomba di Attila József


Perché ti giaci qui, dall’altra parte della strada, né dio
né uomo ti stanno accanto; solo le enormi cosce di Le-
     da, solo
il grembo culla-mondo di Leda che marcisce schiacciato
      tra le pagine di un’apribile
Bibbia di roccia , fiore seccato dal tempo nel libro di
     preghiere perché lei mai bussare possa
e non possa più levarsi con carne fiorente e riso di ca-
     valla, campanellino di vetro,
in quanto a lei nemmeno è dato il bene di risorgere,
     la sopravvivenza appena,
e non possa uscire dalla terra con la chioma viola sciol-
      ta fino al ventre per distruggere
la muffa che la copre , le tavole di legno fradicio, la pol-
     vere della radice, all’ira della tromba rossa
inimmaginabile del giudizio universale, al suono delle
     trombe angeliche vomitanti stelle;
lei sola si è consumata accanto a te né Vörösmarty,
     né Arany
né il piccolo uomo d’ovatta, il piccolo Nikolaus rosso
     del nostro dicembre: zio Jókai;
tu giaci solo, qui, dall’altra parte della strada, tu il Più
     Diseredato, il Più Solo,
Attaccabrighe e Accusatore, Geometra del senso di col-
     pa, tu giaci qui
dall’altra parte della strada, sotto il pazzo, vittorioso,
     angosciato battito del mio cuore
estivo fiorente mondo; il mio grande sguardo cupo fru-
     ga la terra,
penetra nella materia errante come duplice riflettore nel-
     la notte estiva spaurita:
e vedo brillare le parti metalliche del tuo corpo: ali
fusoliere d’aereo, branco di rinoceronti risonante nello
     spazio,
rinoceronti armati attraverso il vetrovescica vedo; ed
     anche la protesi dei tuoi denti
gialloblu di platino, piccoli alberi dai rami d’oro, indi-
     struttibili fiamme di candele, povere
corone sotterranee fatte a credito, corone di principi
     d’osso, fiamme sotterranee, pesci d’oro pietrificati,
scaglie minuscole d’alberi vetusti,
forbici d’oro, tentacoli aggrovigliati; corrugato addo-
me di
minuscoli fossili d’aragoste;
vedo le stelle metalliche della tua povertà, il fuoco pro-
     fondo della tua bocca, ali di vulcano
rattrappite; vedo la tua mano mai inanellata, uccello
     consacrato solo da dio
e mai dall’uomo, bellissimo Airone bianco, Unico con-
     cepito da un germe unico
uscito da un unico uovo, riscaldato da un unico ventre
     d’uccello,
Ragno divino che con il suo volo da stella a stella tesse
    la rete per imprigionare
tra fili dorati lo spazio sonoro, vedo il tuo volto d’ossa
     privo di barba
dallo splendido ghigno bianco e vedo te, Povero nella
     terra,
circondato da un’assurda mescolanza di dovizie: sale
     sotterranee in affitto,
acquistate a riscatto, antri dorati, rivestimenti marmorei
bare immarcescibili, casse d’oro con zampe leonine;
e vedo coltri di seta pesante muffite, orge di merletti
intrecciati d’oro, nauseabondo paesefavola di Grimm:
     frack e marsine,
corazze, dolmani, stivali rossi, campanellini d’oro, spe-
     roni d’oro, corolle di fiori e guanti di madreperla,
corsaletti di eroi con daghe metalliche
e cuffiette, cappelli a cilindro, panciotti d’oro, copricapo
     vezzosi e grembiuli ricamati,
stivaletti coi bottoni, scarpe di capretto,
fibbie dorate di stivali marciti, scarpe di vetro, falangi
     ossee
con unghie finte argentate, e vedo, o Proletario di Morti,
     come il pensoso
che scruta con il telescopio gli spazi, l’ammasso scintil-
     lante delle Galassie,
la via Lattea, con le sue uova di pesce, le catene dorate
     delle stelle; vedo, o privo di tutto
Fattoimpazzire, Fattoimbestialire, Fattoinginocchiare
     sotto il Trenomerci,
vedo anelli d’oro, spille di diamanti, dentiere d’oro,
sotterranee pannocchie riemergere intrecciate
dal tumore schiuma barba bionda dorata; vedo il sangue
     di  un popolo coagulato dall’oro
sorseggiato in coppe pesanti; vedo fibbie grosse come
     falli,
mare di radici, mare materico girasole dorato, i pen-
     nacchi
degli elmi, le impugnature delle sciabole, lame d’oro
     dai duplici vasi sanguigni,
le protuberanze lasciate sull’ossa dagli orologi d’oro, dal-
     le corone d’alloro sui teschi,
terracervello in disfacimento, squame secche di pesci
     imputriditi;
vedo alle giunture delle dita anelli tempestati di gem-
     me che sfidano il tempo,
mostruose teste di ragno con otto occhi; manichetromba
     di pizzo
d’abiti rinsecchiti, braccialetti di diamanti che girano
     nei polsi
come cerchi variopinti davanti agli occhi del bambino
     che fissa il sole, e
Te immarcescibile. Immutabile corona di stelle vedo, qui
nella strada e dall’altra parte della strada, sul mare e
     oltre
il mare in tutti i luoghi di questo pianeta, nella ma-
     tassa verde delle alghe,
coperto di animali e di fiori, a fior d’acqua, nel giallo
groviglio di bulbi in germoglio,
coperto di fiori calcificati, infiorato da crepe di calce;
     vedo
come fermentano, schiumano, spumeggiano i corpi ros-
     si sbavati dalla cera,
come palude la carne sussulta e inonda le ossa fiori
     di palude
- organi interni – come cristallizzano l’ossa al di qua
     del mare
e dall’altra parte della strada.


Traduzione di Marinka Dallos e JoleTognelli

 
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