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GIUSEPPE ATANASIO ELIA - TESTO DI DIEGO GULIZIA,

 

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Esistenzialità sublimata
di Diego Gulizia


Quando la dimensione spirituale di un artista si oggettivizza acquisisce consistenza semantica solo se espressa in una forma linguistica che ha strutturato un  ambito di significatività proprio, con un proprio dominio e una propria struttura sintattica. All’artista compete la conoscenza del linguaggio e una potente esigenza interiore a comunicare la propria dimensione spirituale. Ha poca importanza se le forme con cui questa esigenza interiore acquisisce oggettività sono mutuate dalla realtà o estraggono dalla risonanza visuale delle forme astratte il loro motivo d’essere. In Elia l’esigenza espressiva si avvale della padronanza degli strumenti linguistici che si sposano con una sintassi visiva radicata nell’espressionismo astratto, preso come punto di partenza per la propria ricerca artistica. Ma la pulsione a comunicare nasce da una forza interiore che rimane immutabile nel tempo e mantiene quella freschezza espressiva che vieppiù si addolcisce perdendo l’irruenza materica per acquisire prima la leggerezza del pastello e la semplicità delle forme, per sfociare nella ridondanza cromatica dalle fortissime componenti onirico-fantastiche.
Testimoniano questo percorso opere come il Ricordo-eruzione dove le stesure scabre simulano effluvi magmatici tra le rocce nere che dipanano il flusso vulcanico in rivoli tentacolari e dove lo stacco del flusso, dovuto al salto di roccia, genera il biancore di una macula spendente. Di fondo gli occhi già toccano i lilla, i bianchi e i celesti che riappariranno decisamente nella vita dell’artista.
Queste cromie, sapientemente stese, generano le decise plasticità di Cielo-visione  e le più tenui di Cielo-luci e colori della natura. Nel primo due masse d’azzurro s’incuneano generando solchi materici  ove la luce incespica e assorbita simula l’etereità del cielo e la liquidità dell’acqua. Questa nel suo slancio oppone corpo alla luce e genera profonde ombre che invadono la parte bassa dell’opera. Nel secondo stesure bianche s’addensano al di sopra di un liquido orizzonte  simulando rarefatti navigli che tagliano la superficie del mare generando spume.  In alto ali d’aria ingombrano il cielo avvolgendosi in ampie spirali generate visivamente dal condensarsi e dal rarefarsi del colore.
Ma la pacatezza dei pastelli, le ampie superfici azzurre, le campiture cangianti solo nella varietà tonale a poco a poco si perdono, diventano l’oggettività visiva di una dimensione spirituale superata, di una ricerca intima che ha ritrovato la sua solidità esistenziale nella varietà cromatica, i decisi accostamenti timbrici presenti nelle opere degli anni ’80 ritornano con valenze formali che antepongono alla configurazione la stesura pittorica. Quest’ultima acquisisce caratteristiche ora oleose ed ameboidi, ora viscose e fluide. Di tanto in tanto come citazioni all’interno di un nuovo discorso affiorano morfemi dal proprio passato, come in Fondale o in Emozioni e realtà a confronto. Tra le fluenti stesure che ci ricordano bocche vulcaniche nel loro vomitare materia fusa dalle calde cromie (Memoria) o magmi effusi nei loro vorticosi percorsi solidificanti restituiti come in un negativo fotografico (Reminiscenze di materia) affiora, come traccia nell’anima e reperto archeologico dello spirito  quella materia che rimane il perno attorno a cui ruota tutta la ricerca dell’artista.
Durante la realizzazione dell’opera Elia segue gli impulsi dell’animo, quelle sottili emozioni che guidano la sua mano, decisa e lenta nello stendere i colori ma riflessiva e morbida nel seguire gli effluvi policromi. L’idea chiara del progetto definisce il primo getto emotivo, la prima coraggiosa stesura cromatica. Poi si ferma, ascolta visivamente il disporsi della pennellata sul piano, legge l’organizzarsi delle tensioni nel campo visivo, aggiunge, equilibra, contrasta il grido del colore con il suo complementare o attenua la sua forza visiva sciogliendolo nelle sue componenti tonali, ammorbidisce il limite cromatico allentandone la densità o ne rinforza il timbro accostandogli l’opposto. La mano insegue se stessa, acquisisce autonomia e tracima; il primo campo, si sapeva, non sarebbe bastato ad accogliere il progetto e dunque il secondo pannello, il terzo. Il discorso si organizza a volte orizzontalmente, in un succedersi di fasi che sviluppano o completano lo stesso tema o verticalmente organizzando gerarchicamente la sintassi del testo visivo. [....]
[in “Atanasio Giuseppe Elia, Opere Recenti”, Salarchi Immagini, 2006]

Diego Gulizia

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