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CORRADO CALABRO'

 

NATURA FREDDA


Sei apparsa sul mio sentiero
come una nuvola fredda
che in un istante è grande quanto il cielo.


SE NON SEI TU  L’AMORE


Se non sei tu l’amore,
ne sei in qualche modo l’annuncio.

Ne sottendi l’avvento nell’arcano
della premonizione
ma, angelo scanzonato, lo rinneghi
nell’atto stesso in cui lo rechi in dono.

Se non sei tu l’amore
forse ne serbi il suo ricordo inconscio.

Specchio d’acqua irridente i tuoi occhi.
Se non sei tu l’amore
ne sei l’angelo incauto e beffardo,
l’agente provocatore
di interazionii che lasci alle spalle.

Quanto ti amo?
Quanto ti discosti.
Questo differenziale di energia
che senza un perché ti fa scartare
è il quanto d’amore in cui si sdoppia
il mio trasalimento, a un nuovo sbalzo.
Verde-opaco, come un mare d’alghe,
il tuo sguardo allungato.
Quanto ti amo?
Quanto sei più giovane.
Sto confinato, stretto di bolina,
nel divieto inespresso di seguirti
come un beccaccino, abilitato
a navigare fino alle tre miglia,
guarda all’alcione nato per sfiorare
l’ignoto collinare degli oceani.

Molle specchio d’acque i tuoi occhi.
Rientrando sotto costa sottovento
sento l’effetto Doppler del tuo riso,
che perde i toni della sua baldanza
via via che incupisce in lontananza.

Finestre di silenzio sono i tuoi occhi.
Annega nel tuo sguardoun altro giorno:
sfuma nel transfinito il tuo messaggio.


QUINTA DIMENSIONE


Stelle grosse come tordi,
appollaiate sui Peloritani,
da prendere nel cavo della mano
dentro la notte, nera e trasparente
quasi quanto le notti del Sahara.

Credevo, inseguendoti, d’amarti
e ero solo un turista dell’amore.
Per tutto questo tempo t’ho cercata
- chi sa perché –
come un bambino, altrove

Rode come la brace
la calce viva che mi porto dentro
e che, per sopravvivere, divora
le cellule nervose in cui è incarnato
il segno a fuoco della tua presenza

S’è fatto indistinguibile il divario
tra di essa e l’immagine riflessa,
che s’allunga all’indietro nello specchio
via via che si consuma la candela.

Unica chance, se ti voglio seguire,
è inoltrarmi a ritroso, contro senso,
nel vuoto di memoria del futuro.

Bisogna oltrepassare, come Alice,
la lastra riflettente di cristallo
e senza aprirla varcare la porta
per cui s’accede alla quinta dimensione.

Forse là dentro mi aspetti a quel varco:
recessivi
sugli estremi plantari dell’inconscio,
come la sorte s’aprono i tuoi occhi.


T’AMO DI DUE AMORI

 

T’amo di due amori
eppure è a senso unico la freccia
che oscuramente segna la mia via.

T’’amo di due amori:
mi sono accorto che c’era un crocevia
solo dopo averlo oltrepassato.

Vengo a te come l’acqua in pendio
ma ancora mi fai andare in extrasistole
quando più credo di sentirti mia
e poi mi ritrovo in stand by

Così due scenari alternativi
s‘aprono a uno stesso navigante
sotto la volta accecata dal sole
ed oltre la calotta scoperchiata
- la notte, col vitreo illimpidito –
all’ultrarealtà delle stelle.

T’amo di due amori
e amo dunque due donne, anche se
non ho altra donna all’infuori di te.

T’amo di due amori – è vero –
ma se ne sovrappongono le impronte
come due rette possono passare
per uno stesso punto se a tracciarle
è la mano incosciente d’un dio.

Eppure c’è nell’amore un doppio senso
per decifrare il quale manca il tempo
finché il dolore non fornisce la chiave.

 

VENERE  a/


S’affacia a annunciare la sera
il primo pianeta del mattino.

Ed in mezzo la notte
sterminata di stelle
la notte grande tenda dell’attesa
la notte aperta a tante dimensioni
quante ne può avere l’universo.

Ma noi vediamo solamente
la stella che abbiamo nella mente,
quella che sappiamo di guardare.


VENERE  b/


L’ultimo pensiero della sera
il primo pensiero del mattino.

Ed in mezzo la notte,
sciabica oscura d’angosce acquattate,
la notte ch’equipara l’est all’ovest
e tuttavia non colma le distanze.

La notte
questa notte ricorrente
che rende improponibile il presente
perché ha ancora il passato da smaltire.

 

 

 
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