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TERESIO ZANINETTI

 

 

nessun sole sulla mia pietra

mentre custodisco il cuore

da assalti remoti

che tornano a frustare

il sangue dei miei gesti

(niente sole sulla mia pietra,

solo carogne e carogne e carogne

che dilapidano il cielo

dei rotti ricordi)

corre il trepido

pulsare di bimbi allunati nel sonno

del vergine grillo

ma sierre di domani fucilati urlano

dal frantoio dei giorni mascherati

(nessun sole sulla mia pietra,

solo carogne e carogne e carogne

che dilapidano il cielo

sui rotti ricordi)

angelicato di piombo

dei fanciulli irretiti

nella stretta delle metropoli

dove imbalsamato va

l’uomo senza volto

a frantumare sogni di creta

disfatta (niente sole

sulla mia pietra, solo zampogne

e zampogne e zampogne

di carta bollata e spiritisanti

a bruciare l’incenso

degli anni prigionieri)

 

dito di latta il mio cuore

che non freme mentre freme

ardendo nella brughiera

di rottami infamanti,

nessun sole sulla

mia pietra a raccogliere il cielo

   

A questo non m’abituo

(leggevo il tuo profilo esangue nei libecci

arrancando tra gladioli e fiordalisi

dentro i covoni della morte in panne):

questa luce falsa gli occhi, tradisce

bisogni e pazienze, stronca

sul nascere bocci – a questa luce

dai lividi brulli non s’abitua

il liso ricordo del domani in croce.

 

(Leggevo le tue rughe nei cristalli tintinnanti

assaporando intracci mozzati di mani giunte

nel girotondo degli scorticati vivi) –

Forse era natale o capodanno, viziate

di droga capitalista le famiglie serravano

pance e manette (panettoni, anitre all’arancia

figli & figlie parenti stretti al collo

da gustare al dente)

-         forse l’altr’anno o non ancora.

 

Sta di fatto che a quest’aria di morte non m’abituo

 

Mentre il boia sorride con piacere automatico

Ancora la mia mano rifiuta dovute tenerezze.

 

Sto con le mie prigioni dentro il piombo

Del mio corpo stretto. Sto

Non so come né quando¹. Sto

Con il cranio dell’odio di classe. Sto

 

In un mattino disatteso e stanco

Qualcuno esploreraà il relitto

Delle ossute gimkane a piedi freddi.

A questa maturità che selvaggiamente dedicata cresce

Solo un grido – domando – di vendetta e di riscossa,

dolce e tremendo come il dolore

nel tuo profilo esangue, trasparente, vivo.

 

¹verso di una poesia di Pier Paolo Pisolini, tratto da La meglio gioventù

   

(non per nulla)

  

(non per nulla) tutti i fiori ritornano

nel perimetro estatico del cuore rimasto

sgranulando bocci d’orchidee e trifogli –

nel caldo mattino solleviamo briciole

per palpiti senza respiro e,

ancorché deserto, il prato riavrà parole

dovunque l’aria lo voglia. Silenzio

(di fata e di prua) nei vuoti balconi

dov’era serena la dolce canzone di rabbie

e singhiozzi. Silenzio.

Non un’anima fiati.

 

Il silenzio si scioglie nel gelo.

 

 
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