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ARTE CONTEMPORANEA E ARTE ANTROPOLOGICA - TESTO DI FRANCO SPENA

 

UN VIAGGIO FRA GLI ARTISTI CHE UTILIZZANO NELLE LORO OPERE OGGETTI APPARTENENTI ALLA CULTURA MATERIALE


C’è un continuo rapporto tra l’arte e la cultura materiale, non solo perché dalla cultura materiale, secondo una lettura fenomenologica, emergono le forme simboliche che influenzano tutto il sapere e il modo di essere di un’epoca. Per citare solo un esempio, si pensi  al rapporto tra la macchina a stampa a caratteri mobili e la nascita della prospettiva rinascimentale. E’ possibile un’analisi della storia dell’arte basata sullo studio dell’evoluzione e dei modi nei quali si articolano le interazioni tra la cosiddetta cultura alta e la cultura materiale; in particolare è parecchio stimolante cogliere come questa relazione influenzi nel tempo le forme dell’arte.
Al di là del discorso storico, molti elementi degli oggetti materiali sono invece entrati a far parte dell’opera che, nel corso del novecento, è uscita sempre più dalla sua forma canonica nella quale la collocavano la pittura e la scultura, per divenire oggetto di spostamenti, sconfinamenti, sbordamenti, contaminazioni che hanno molte volte scardinato la nozione di quadro o di scultura, facendo interagire fra di loro anche ambiti disciplinari diversi. Questo a favore di una tendenza che hanno fatto divenire l’opera d’arte oggetto multiforme, realizzato con i materiali più disparati, che esce dalla superficie, invade in vari modi lo spazio assumendo una tattilità che non è soltanto quella data dalla pittura. Lo stesso si può dire per la scultura la cui realizzazione non è affidata soltanto all’uso dei materiali tradizionali come, per esempio,  il legno, la pietra, il marmo. Materiali insospettati vengono utilizzati e assemblati in vario modo, anzi, la scultura perde in molti casi la sua fissità per divenire “oggetto mobile”, che si articola nello spazio e si adatta all’ambiente  connotandolo con le sue forme, come avviene nelle ambientazioni e nelle installazioni, che assumono in alcuni casi anche valori cinetici, che possono divenire stabili o essere rimosse al termine dell’evento espositivo. All’interno di questa fenomenologia si colloca la particolare ricerca di alcuni artisti “antropologici” che costruiscono i loro oggetti artistici utilizzando manufatti del mondo del lavoro o della civiltà contadina del passato e costruendo con essi  composizioni e assemblaggi che fanno rivivere gli oggetti, ormai dismessi e abbandonati, al di là della loro ormai perduta funzione originaria, decontestualizzati dalla loro “pertinenza”, in opere nelle quali vengono valorizzati per la loro forma, per il materiale, per i valori comunicativi che portano con sé in quanto oggetti di memoria, per essere appartenuti a modi di vivere che ormai non ci sono più o perché sostituiti dall’avanzare delle tecnologie. Un teorico dell’arte antropologica in Sicilia è stato il compianto Francesco Carbone che con Godranopoli è stato uno dei primi fondatori di musei etno-antropologici in Sicilia riuscendo a fondere questa sua esperienza con la sua attività di artista e di critico. Per lui Arte Antropologica Contemporanea significa, appunto, “l’utilizzazione di oggetti appartenuti alla civiltà contadina e pastorale ed assunti come elementi compositivi e linguistici nell’opera proposta dall’artista: quadro, scultura, installazione, i quali, elaborati anche mediante l’utilizzo dell’etnoreperto o di altri elementi della terra, assumono forme e significati di diverso rilievo; o una loro suggestiva fisicità, una loro particolare illuminazione, l’apparire in altro modo d’essere artistico, una diversa rinascita che tende al crescere di un nuovo vedere estetico”.
Nel panorama siciliano hanno agito ed operano tutt’ora alcuni artisti che, con valenze e poetiche diverse fanno uso, per realizzare le loro opere di elementi provenienti dalla cultura antropologica. Tra questi Giusto Sucato, di Misilmeri, stretto collaboratore nelle iniziative promosse da Francesco Carbone, che assembla  materiali attraverso un inesauribile esercizio di creatività che gli permette di ottenere a volte insospettati effetti plastici e pittorici, dal valore simbolico, come di esplorare anche gli ambiti raffinati della “scrittura visuale” facendo divenire segni di scrittura i chiodi; Franco Politano, di Catania, che assembla materiali più disparati, quali ferro, lana, stoffe, resine,  realizzando sculture che assumono toni di grande leggerezza, divenendo opere nelle quali l’invenzione, l’immaginario e l’abilità tecnica si fanno esercizio di raffinata poesia; Calogero Barba, originario di Mussomeli ma operante a San Cataldo, che ricerca nell’agro contadino elementi che appartengono alla sacralità della vita e al mito, traducendoli in opere nelle quali si aggiunge la suggestione forte del colore dalla forte carica mediterranea che contribuisce a creare preziosi effetti plastici; Michele Lambo, di Caltanissetta ma residente ad Enna, che utilizza caratteri tipografici di legno e di piombo, recuperati da vecchie tipografie, coi quali costruisce scritture e improbabili libri oggetto che sanno di terra e indagano il mistero della parola, facendolo divenire anche uno dei rappresentanti più affermati della scrittura visiva nazionale.   


                                                                                                                                 Franco Spena

 

 
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