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GIUSEPPE ATANASIO ELIA - TESTO DI FRANCO SPENA

 

 

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Continua l’attività espositiva di Giuseppe Atanasio Elia, in varie parti d’Italia. Da solo o in gruppo sono infatti molte le mostre che allestisce negli ultimi anni. “I colori e le forme dell’anima” è il titolo della mostra che in questi giorni è aperta alla Galleria Biotos di  Palermo, che lo vede protagonista insieme con lo scultore Luigi Galofaro.
Elia continua con entusiasmo la sua ricerca nell’ambito della pittura nella quale i segni dell’astrazione sono modulati da un gusto per il colore che fondamentalmente è l’anima del suo lavoro. Dico con entusiasmo, appunto poiché è proprio il godimento nello stendere le cromie sulla superficie che dona alle opere una luminosità e una leggerezza che fa riposare lo sguardo e che proietta l’osservatore quasi in  una dimensione di sogno e di spazi incantati fatti di ampie superfici che si animano del vigore della terra e della leggerezza del cielo. In effetti è la spontaneità del gesto che trasmette all’opera quasi una inconsistenza, una inafferrabilità che appare fuori del tempo, in un paesaggio nel quale le forme si diradano per divenire gioco di pennellate che si fa voce, come dice Diego Pulizia, “…di una dimensione spirituale superata, di una ricerca intima che ha ritrovato la sua solidità esistenziale nella varietà cromatica…”; ma anche, aggiungiamo nella ricerca di un ritmo che modula e scandisce le composizioni a volte anche in una sequenza di riquadri che si sviluppano come i paragrafi di un testo. Dice Nunzio Zago in catalogo che “La pittura di Elia è pittura di introspezione, d’inquieti e appassionati interrogativi sul senso dell’esistenza, di abbandoni onirici, di viaggi nella memoria personale e ancestrale, di fantasiosi e caleidoscopici paesaggi dell’anima”, aggiungendo, in “una sorta di raffinato astrattismo espressionistico e materico”.
Compagno di viaggio, in questa mostra di Palermo, è lo scultore Luigi Galofaro che modula acciaio, ferro, ottone e smalti strutturando opere i cui pieni e vuoti si sviluppano in una verticalità che diviene tensione verso una purificazione che avviene attraverso la corrosione della materia che si libera della forma per mostrare il suo interno. Le geometrie acquistano così forti valori simbolici voci di una ricerca di un moderno centro propulsore come anima di conoscenza che dall’interno si irradia per farsi segno di conoscenza. Di lui dice lo stesso Nunzio Zago: “Il contrasto tra superfici levigate e aspre, la combustione delle saldature, il montaggio di materiali diversi introducono elementi…”  che “…rimandano alla dialettica di positivo e negativo, ordine e caos, luce e lutto che ci assilla, che attraversa continuamente la nostra vita. Con in più un’ansia di superamento verso l’alto, una ricerca d’assoluto e di autentico alla quale allude l’archetipo della stele  o del totem che lo scultore ripropone ossessivamente”.
                                  
                                  FRANCO SPENA
                                                                                                                         

 
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