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SALVATORE FAVA

 

I

nascimento di luci e acque
questo inizio di stagione
è un sole di sabbia che ha
scarti di fuoco e precipizi di venti
miti sulle acque piovane
dove ho mani giunte per bere
nel solco d’anime
in cui distillo parole di spine
dai petali accesi delle rose

 

II

il crepuscolo ha occhi insonni
erbe sanguigne e carovane di fuoco
migrano tessendo tralci di mare
sui riflessi d’acqua di viole
l’orizzonte dischiude al tuo viso
la tenebra e avvolge di silenzio
un’oasi di posidonie sanguinanti
le palamiti felici s’accoppiano
in scie d’argento nei dirupi

 

III

conosci questi intrecci di mani
in cui raccolgo fazzoletti di ali
nel labirinto d’isole e mare
dove abbiamo disciolto il sigillo
ai nostri cuori di schiuma
quel cielo maltese di saint Paul
ancora respira voli d’occhi socchiusi
ancora l’onda scava muschio d’alghe
dalle incrostate prue dei navigli

 

IV

ripenso ai tuoi capelli pettinati
alle fugaci trasvolate del tempo
al tuo seno palpitante di madre
e dagli iblei mi sovvengono
dolci parole dalle tue labbra marine
la risacca mi parla con parole rapite
ai cuori traviati d’amore delle fate
sui miei piedi scalzi l’onda depone
un antico sortilegiodi lune e di maree

 

V

il ciglio disunito svela l’inganno
residua luce d’altomare che s’annega
perduta nel desiderio di te
assenza che coagula la mia coscienza
nel palmo della mano
che ha breve la linea della vita
ho ritrovato le amorose ali d’argilla
nel calice marino ho disciolto
i tuoi seni carnosi

 

VI

l’amore è radice di ogni madre
se ho ancora memoria di te
che tremavi di attesa nelle stanze
che hai mutato in nido
dove aspettavi nostra figlia
come un soffio d’estate a primavera
un messaggio in bottiglia
liberato dal mare e sospinto
ai tuoi piedi per nascere e morire

 

VII

accanto a te il sonno declina
echi di mare sull’orlo delle ciglia
non appena il roseo ibiscus
chiude le sue labbra e muore
e nel mio petto palpita la notte
mi chino a sfiorare le tue labbra
nella lingua una frescura estiva
di carrubo    e un fremito di pioggia
aromi d’incenso migrano dai sogni

 

VIII

lo sperma dello scorpione
è una carnale fioritura di corallo
levigata dalla pena delle nascite
se ogni sponda supina alle acque
brilla nell’alcova di conchiglia
come l’amore a quest’età
un barlume di luce svelato
gracile fiore di sabbiosi cristalli
nel vortice del vento fra le dune

 

IX

l’onda distende avide le mani
toglie linfa vitale alle a spiaggia
e aveva il prodigio della sera
amore che hai la voce del silenzio
che nell’acqua chiara immergi
una tenue nostalgia di giovinezza
nell’unghia mite del gabbiano
per sempre ho racchiuso la saliva
sfuggita alla piega del mio labbro

 

 
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