spacer.png, 0 kB
spacer.png, 0 kB
EMANUELE GIUDICE

 

 

ELEGIA  DEL TEMPO

   

Dove muoiono

le ombre,

in che forre o anfratti

si disfanno

a generare la lice pura,

l’essenza

l’assoluto semplice?

 

Siamo

con un cuore esposto agli uragani

e indugiamo

a interrogare il tempo,

a stringerlo nell’angolo

per scoprire i suoi inganni

tessendo trame di domande,

afone impalpabili,

mentre staniamo

castelli d’utopie.

Come fai

a dire ora

se mentre lo dici

tra le mani ti si spappola

il senso

e ora è già non ora.

Il presente

t’inganna e illude

morendo in una trappola

di nulla,

avida sfuggente.

E’ già passato il presente,

prima che tu l’agguanti,

ti sfugge

come goccia di mercurio,

precipita,

rifiuta

d’arrendersi all’artiglio

per sciogliersi nel poi.

Il tempo è anchilosi

incertezza

dubbio

che assedia i precipizi,

li veste d’insonnie

di paure.

Insidia i voli.

Il tempo è cosa

che lenta si disfa,

atto del mutare,

perdita e breve consumarsi.

Un quadro di Dalì

è il tempo in che viviamo

barcollando tra i dubbi

dove orologi

come argille friabili

si piegano

si sciolgono,

denudano le ore

in vertigini assiepate

ai margini del nulla.

E in questa falsa inerzia

ordisce

le sue imboscate,

nel suo cambiare scivola

precipita.

Questo lento non essere,

questo disfarsi incontenibile

d’attese

che ci avvinghia e blandisce

è ciò che noi chiamiamo tempo.

La stessa morte

è tempo che s’azzera,

a sé si nega

liquida, sfuggente.

     

FINALE  D’AVVENTURA

   

Sempre più incerto si è fatto

Il mio cammino,

dolente il mio sentiero

lastricato di morti,

ossa le basole

su cui

premo il mio piede

aspro all’assalto di memorie,

impervio

al mio claudicare.

E l’assedio d’ombre ostinate

gremisce i giorni,

bianche rende

le notti senza luna.

Ora aspetto

che tu mi tolga la parola

mi zittisca

e sottragga

a questa impudica logorrea,

a questa cascata

pretenziosa e vana

di parole già dette,

fradice di senso

avare di pretese e di passioni.

 

E ogni incerto fonema,

ogni mio balbettare

lo sento già

rotolare nell’eterno,

farsi ricordo e pianto,

nostalgia di ritorni impossibili

di cose fatte

malfatte

omesse.

E il silenzio

m’appare già

signore assoluto

dell’eterno,

generoso nel dono

di ardenti suggestioni,

della terra

del cielo

della luce.

Ti sento ora

senza filtri di carne

e diaframmi di lacrime e di brume.

Sei vagito che annunzia

l’altra nascita,

presagio d’altro sole,

annuncio di chiarori intuiti,

mai goduti.

E il diverso

il cangiante

sarà timbro e suggello

del nuovo sogno,

d’altro rimpianto

del tempo andato

stampo e figura.

Perché tutto ora

si fa nuovo e diverso,

s’aggancia ad altro senso

mentre muore il passato

nelle brume.

C’è la percezione

del nascosto

ora

a tenermi compagnia

e il mai provato

sarà volo felice,

solcherà gli orizzonti

del Tutto,

del suo apparire e sciogliersi,

del suo aspettarmi

paziente sul limite del tempo.

 

 
< Prec.   Pros. >
spacer.png, 0 kB
spacer.png, 0 kB
 
Web Design by Ugo Entità & Antonella Ballacchino - Web Master by Miky
download joomla cms download joomla themes