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GIROLAMO CIULLA - TESTO DI FRANCO SPENA

 

Torna a Catania – città che lo ha imposto all’interesse della critica - con una personale alla galleria Dietro le Quinte, lo scultore Girolamo Ciulla, nisseno di origine, che ha studio a Pietrasanta. Espone una serie di disegni e due sculture in un  raffinato gioco di colori e forme, ma anche di segno, che determina una serie di rimandi visivi, di relazioni, nei quali la sobrietà dei toni e la porosità della pietra  permettono di penetrare all’interno di un mondo poetico nel quale il mito e la storia vivono quasi una relazione di confine. Sul filo di una memoria arcana che anima una ricerca simbolica che fa da legame tra l’artista e la terra.
Il tramite è la madre per eccellenza, Demetra che, carica di spighe di grano, dipana i suoi simboli quali parole che richiamano e  rinnovano  il rito delle stagioni, della nascita e della morte, della terra che ritrova in se stessa radici profonde che la fanno sprofondare e rinascere ogni volta al sole e alla luce.
Le opere di Ciulla approcciano il mito quasi in punta di piedi, in un’atmosfera di silenzio mistico nel quale le sculture sospese “tra mito e leggenda”,  sembrano partecipi di un rito misterico che le anima e le avvolge di vita interiore quasi imperscrutabile.
Così Demetra sembra procedere reggendo con le mani un vassoio sul quale si ergono dei templi dorici, possenti e impenetrabili, ricevuti in dono o da offrire forse a un tempo che essa stessa domina, ma che fondamentalmente la possiede e la carica di divino. E la sua presenza nelle opere si legge anche attraversi i suoi simboli, gli animali che rappresentano il passaggio, come il coccodrillo, protagonista di molte sculture dell’artista, la scimmia o le spighe di grano che la inghirlandano, la sorreggono, la avvolgono, la coronano di luce dorata come quella che naturalmente accoglie il colore poroso del travertino. Come la piccola vasca sul cui bordo un coccodrillo sta a guardia dell’acqua, all’interno del quale un lumino di cera scandisce di luce e ombre la pietra, ma nello stesso tempo colora di magico le analogie che conducono al mito.
Quanto più luminosa ed essenziale si fa la pietra, tanto più sanno di terra i colori dei disegni; una terra che genera sapore di acqua e dilava le tinte che divengono leggere nelle ampie pennellate sulla carta, ma soprattutto una terra che si addensa, che si aggruma nella pastosità del colore che si abbuia, che si annotta per raggiungere le profondità dalle quali germina la luce che si fa giorno.
A questo contribuisce la primitiva suggestione delle cromie veloci,  intessuta da una spontaneità del gesto che sembra seguirle nel comporsi sulla pagina. Una pagina nella quale, Demetra spesso diviene un tutt’uno col colore mentre, nel suo presentarsi arcano, nella sobrietà delle movenze, si accompagna a  un coccodrillo che le si adagia sul capo,  le cinge il grembo, la sorregge sdoppiata in un volo magico sulle acque; Demetra intenta ancora in un dialogo assorto con la scimmia che regge sulle braccia o abbraccia insieme con mazzi di spighe, che sembra ascoltarla come un bambino. Demetra distesa su un albero, altro simbolo che ricorre, col seno ricolmo di spighe e sormontata dal coccodrillo; l’albero su cui, a volte, si erge come un monumento la scimmia che, in altri disegni, porta sulle spalle il tempio quasi per intraprendere il viaggio che conduce al sacro.
“Ciulla, infatti” – dice Antonio D’Amico in catalogo, ammanta gli scenari di rituali propiziatori propedeutici al supremo incontro al quale forse mai assisteremo ma in questa fase Demetra è colta nell’atto del riposo, della riflessione, della speranza e del passaggio da uno stadio a un altro, persino conscia di un’altra vita dove la scimmia e il coccodrillo, animali la cui sacralità si perde nella notte dei tempi, l’accompagnano negli avvicendamenti della sua femminilità mai scalfita”.
                                                                                                                      FRANCO SPENA

 

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