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GIOVANNI LA COGNATA - TESTO DI ANDREA GUASTELLA

 

L’ultimo dei classici


Dove va quest’uomo visto di spalle, smarrito su un campo di giallo bruciato? Lo spruzzo di bianco del suo sandalo non tende forse verso il bianco del covone a foggia di piramide che si intravede all’orizzonte, accanto al suo sempre bianco cappello? E il solco, il solco sinuoso che divide in due il prato non continua nella stria lattiginosa lungo l’azzurro cielo, rinviando il movimento dell’uomo all’infinito, o comunque ben oltre i confini del dipinto? Il movimento: questo contadino massiccio, dalle spalle imponenti come i suoi antenati sorpresi da Millet mentre pregavano l’Angelus e, come loro, ricurvo, col capo reclino, è tutt’altro che statico; procede, stancamente, per una strada già segnata. E la sua fronte non si piega per deferenza a Dio. Si protegge, sotto la tesa del paglierino, dall’abbaglio di una luce che precipita da destra, si infrange sulle stoppie, trasforma il suolo in crosta arida e screziata come intonaco grezzo. Impastata al colore, la luce diventa materia, non ha più trasparenza né splendore: solo un lieve ronzio, un crepitare sordo di legna al focolare. Il movimento, dunque, non è tanto nel transito dell’uomo nel paesaggio o in qualche suo progresso spirituale: è dentro la sostanza delle tinte, dentro la loro trama ardente e tormentata. Allo stesso modo, lo spazio non si dà come schema a priori; si dà come ritmo profondo, costantemente rinnovato, di un incessante divenire. Il risultato è una pittura il cui osservatore appare conquistato, anziché dalla figura in sé, dal rapporto che si istaura tra la luce e il colore, tra la figura e le geometrie che la compongono, tra la figura e lo sfondo. Che è, poi, immagine efficace del rimando speculare di realtà interna ed esterna, io e mondo così caratteristico della classicità. L’Uomo nel paesaggio non lo sa, ma il suo autore, Giovanni La Cognata, è forse l’ultimo dei classici, l’ultimo che, come asseriva Rilke di Cézanne, sia riuscito a trovare un “mezzo di rappresentazione tangibile, immateriale per ogni cosa”.

Andrea Guastella

 

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